La marcia su Mosca

di Anceo Agostini

MOSCA (Russia). Lo spettacolo che in occidente ha mandato in brodo di giuggiole il fronte politico e mediatico antirusso   è durato meno di 24 ore, dalla tarda serata del 23 giugno al tardo pomeriggio del 24.
I precedenti, nella recente storia della RSFSR/Federazione Russa, risalgono a tre decenni fa: il tentato colpo di stato (GKChP) ai tempi di Gorbachev era iniziato ufficialmente la mattina del 18 settembre 1991 con l’interruzione della trasmissione televisiva del “Lago dei cigni” per l’annuncio dello stato di emergenza da parte dei golpisti, ed era durato tre giorni; il putsch di Elzin nell’ottobre del 1993 contro i deputati asserragliati nella “Casa Bianca” era durato 2 settimane. 
In entrambi i casi, nonostante il conflitto tra le parti fosse molto profondo, era prevalso il buon senso: la guerra civile era stata evitata. Nel primo caso le vittime ufficiali sarebbero stati due giovani finiti sotto un carro armato nei pressi dall’ambasciata americana, nel secondo caso non sono mai state ufficialmente pubblicate le cifre delle vittime all’interno del palazzo del Parlamento, finite sotto i colpi dei carri armati di Elzin.
E in entrambi i casi tutti i protagonisti perdenti subirono un breve arresto e furono successivamente prosciolti.
Per quanto concerne la “rivolta” di Prigozhin e dei suoi “musicisti” (espressione usata nei blog e media russi per definire i mercenari della Wagner) è opportuno fare alcune considerazioni. 
La carriera di Evgenij Prigozhin, il “cuoco di Putin” (epiteto affibiatogli dal principale oppositore del regime putiniano Navalny): da detenuto a imprenditore di successo nel campo della ristorazione, miliardario e fondatore nel 2014 della prima compagnia militare privata (ChVK) Gruppo Wagner potrebbe essere considerata abbastanza standard per la Russia degli anni ’90, meno per gli anni 2000.
Che, grazie alla frequentazione del rinomato ristorante “New Island” di proprietà di Prigozhin da parte del presidente russo, le società di Catering del Prigozhin abbiano potuto ottenere negli anni grasse commesse dal ministero della Difesa e nel settore della ristorazione scolastica è una illazione abbastanza plausibile. Altrettanto plausibile è che (come sostenuto da Navalny l’ottenimento delle commesse non fosse estraneo a pratiche corruttive.
Che proprio nel 2014 nel Donbass per la prima volta a fianco dei combattenti indipendentisti siano apparsi dei militari in tuta mimetica senza distintivi identificativi, i cosiddetti “ometti verdi” (zelenye chelovechki), può essere una curiosa coincidenza. In seguito il gruppo Wagner sarebbe stato impiegato in diversi Paesi, Siria, Libia, Mali.
Nel marzo del 2018, durante un’intervista concessa al canale televisivo NBC News, alla domanda se conoscesse il signor Prigozhin (al tempo accusato di aver interferito nella campagna elettorale presidenziale USA), Putin rispose “lo conosco, ma non fa parte della cerchia dei miei amici”.
Questa dichiarazione, che fece molto scalpore in Russia, non esclude comunque che possa sussistere un rapporto di fiducia.
Per l’innegabile contributo del gruppo Wagner durante i combattimenti in Ucraina Prigozhin ha ottenuto riconoscimenti ufficiali, ma soprattutto ha guadagnato una notevole popolarità tra le truppe regolari.
I suoi interventi sui blog e le interviste in un linguaggio spesso rozzo e talora scurrile, le pesanti accuse e critiche nei confronti del ministero della Difesa, del ministro Shoigu, del capo di stato maggiore Gerasimov, dei generali da salotto e dei burocrati, e il suo stesso aspetto forse, sconcertano gli intellettuali e il ceto benestante delle capitali, ma trovano numerosi simpatizzanti tra la popolazione. Ma Putin nelle scelte dei collaboratori di fiducia ha più volte dimostrato di non ricorrere di canoni della statua di Palazzo vecchio (vedasi il capo di Rosneft).
Occorre sottolineare che a tutt’oggi la Duma russa non ha ratificato nessuna legge che regoli i rapporti tra Stato e formazioni militari private e che questa lacuna crea grandi problemi e attriti nel coordinamento delle forze regolari e paramilitari.
Tornando ai più recenti avvenimenti, vanno rilevati due incontri significativi del presidente russo. Il 9 giugno 2023 a Sochi, durante una brevissima e informale conversazione con il presidente bielorusso Lukashenko, pronunciò una frase sibillina: “Per quanto concerne le questioni più delicate su cui ci siamo accordati tutto si svolge secondo il piano”. Che tutta la breve conversazione concernente la costituzione dello Stato sovranazionale tra Russia e Bielorussia (in gestazione dagli anni ’90) e l’imminente trasferimento delle testate nucleari tattiche in Bielorussia fosse astrusa ed ermetica, risulta evidente dai commenti dell’articolo del quotidiano Kommersant che la riporta integralmente. Il video della confabulazione mostra i due presidenti estremamente ilari e rilassati.
Il secondo incontro risale al 13 giugno scorso. Si tratta di una tavola rotonda durata più di tre ore con i corrispondenti di guerra (una quindicina), che lo hanno informato senza peli sulla lingua sulla situazione al fronte. Sono emerse critiche e lamentele nei confronti del ministero della Difesa. Nel corso del dibattito Putin ha dimostrato di conoscere perfettamente lo stato d’animo delle truppe e le problematiche “esistenziali” del gruppo Wagner.
Secondo le informazioni ufficiali, durante la notte del 23 e il giorno successivo Putin si consulta telefonicamente con i presidenti degli Stati membri del CSTO (Collective Security Treaty Organization), e già nel tardo pomeriggio appare la notizia che grazie all’intermediazione di Lukashenko gli insorti rientrano nei ranghi. Gli accordi prevederebbero l’esclusione di strascichi giudiziari e il trasferimento delle formazioni Wagner in Bielorussia.
Ma ancora più singolare è l’annuncio con cui Prigozhin ferma la marcia a soli 200 km dalla capitale:
“Ora è arrivato il momento in cui può essere versato del sangue. Pertanto, rendendoci conto della responsabilità che il sangue russo sarà versato da una parte, facciamo dietrofront con le nostre colonne e torniamo ai campi secondo il piano“.
A questo punto si possono formulare alcune ipotesi. E’ possibile che l’operazione “marcia su Mosca” consenta a Putin di rimodellare i rapporti di forza tra le élite russe anche all’interno del gruppo dei “siloviki” (Ministero della Difesa, Protezione Civile, Ministero degli Interni, FSB), gli consenta maggiori margini di manovra e di rendere innocui quanti si oppongono, tra l’altro, alla creazione dell’unione con la Bielorussia, che ovviamente provocherà una ristrutturazione nelle élite di entrambi i Paesi.
La presenza del gruppo Wagner in Bielorussia può costituire un supporto esperto all’esercito locale in un momento di acutizzazione dei rapporti con i vicini ucraini e polacchi e (perché no?) per la sicurezza interna. Staremo a vedere.
Comunque sia, per ora la Russia ha dimostrato che, dopo l’influenza del 1917, le vaccinazioni del 1991 e del 1993 funzionano.
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