La repressione di Erdogan dentro e fuori i confini turchi

di Shorsh Surme

Siamo a oltre un anno dal golpe fasullo architettato dal “sultano”Recep Tayyp Erdogan per fare piazza pulita dei suoi oppositori. Dal 15 luglio 2016 sono state arrestate in Turchia oltre 50mila persone, mentre più di 110mila impiegati statali sono stati licenziati con l’accusa di essere stati coinvolti nel tentativo di golpe.
Tra gli arrestati ci sono anche giornalisti, perché fare il mestiere di operatore dell’informazione in Turchia significa mettere a rischio la propria vita. Sono infatti 35 i giornalisti arrestati con l’accusa anche di terrorismo.
In realtà l’unica colpa dei giornalisti è stata quella di divulgare tutto quello che riguardava il rapporto tra Erdogan, i tagliagole dell’Isis e la repressione nei confronti della popolazione curda.
Dal luglio 2015, dopo la tregua tra il governo turco e i curdi che aveva dato la speranza ai 20 milioni di membri di quella popolazione per una soluzione pacifica alla questione curda, il presidente Recep Tayyip Erdogan ha violato la sospensione delle ostilità ed ha bombardato le basi del Partito dei Lavoratori del Kurdistan, meglio conosciuto come Pkk. Nel Kurdistan dell’Iraq questa mossa del “sultano” era vista come legata a questioni di politica interna, dal momento che allora l’Akp, il partito di Erdogan, non aveva ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi nelle elezioni politiche del giugno 2015 ed anzi, vi era stato l’ingresso di un partito curdo, il Partito Democratico dei Popoli (Hdp) in Parlamento. Questa situazione non è andato giù a Erdogan e al suo partito, per cui hanno cercato in tutti modi di mettere fuori gioco il partito curdo. Infatti hanno arrestato il presidente Selahattin Demirtaş e il suo copresidente, la deputata Figen Yüksekdag, ed insieme a loro sono finiti in manette tutti i principali dirigenti del partito, Süraya Önder, Gülser Yildirim, Selma Irmak, Ziya Pir, Ali Aslan, Leyla Birlik, Ferhat Encü e Nursel Aydogan. E non solo, Erdogan minaccia tutti i giorni sia i curdi del Kurdistan dell’Iraq (Kurdistan del Sud) per aver fissato la data del referendum sull’indipendenza del Kurdistan al 25 settembre prossimo, sia il Kurdistan della Siria (Rojawa) per la creazione di un governo locale curdo che sta proteggendo la popolazione curda e che sta combattendo con lo Stato Islamico, l’Isis.
Tutto questo stata passando sotto il silenzio totale dell’Europa e della Nato.