L’Azerbaijan al Vinitaly: dopo ottanta secoli la vite torna a casa

di Enrico Oliari –

Al Vinitaly in corso a Verona è possibile inciampare in uno stand dove le bandierine del lontano Azerbaijan si intrecciano a quelle dell’Italia, quasi fosse una cerimonia ufficiale per la visita di qualche autorità.
Ed è forse la curiosità, o la voglia di scoprire profumi e sapori misteriosi che fin dalle prime ore di apertura della 48ma edizione del gotha del vino una discreta folla si raccoglie attorno al tavolo della Aspi Agro Winery and Vineyards, un’azienda giovane, nata nel 2007, con “obiettivo principale la coltivazione dell`uva e la produzione di vini di alta qualità”.
In Azerbaijan!
E’ coraggio? Avventatezza? Utopia?
Cominciamo subito col dire che il vino non rappresenta una novità da quelle parti, tant’è che il motto del manifesto alle spalle di chi appoggia il vino nei bicchieri dei degustatori parla chiaro e ricorda che in Azerbaijan ci si deliziava con le uve e con i vini fin dagli antichi tempi: “Dopo ottanta secoli la vite torna a casa”.
Già nel V secolo a.C. Erodoto raccontava che “L’abbondanza e la qualità dell’uva di questi luoghi è nota persino in Persia, a Babilonia e in Grecia”, e lo storico romano Plinio il Vecchio scriveva di “Non aver mai mangiato dell’uva così squisita. Questo popolo sa coltivare la terra meglio degli egizi”.
Nel 1962, durante gli scavi del sito storico di Shomutepe (VI-V secolo a.C.), nei dintorni di Agstafa sono stati rinvenuti resti di varie piante, tra cui alcuni semi d’uva. Questi reperti hanno permesso agli scienziati di dimostrare che la coltivazione dell’uva in Azerbaigian conta non meno di settemila anni di storia.Ma, come ci spiegano gli enologi Daniele D’Andrea e Elisa Vagnoni, al Vinitaly con il co-fondatore della Aspi Agro Winery and Vineyards, Arif Rahimov, “nel 1986 il segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, Michail Gorbaciov, aveva fatto espiantare quasi tutta la produzione dell’Azerbaijan, di fatto azzerandola. Nel 2007 abbiamo piantato 340 ettari di vigneti e nel 2010 abbiamo fatto la prima vendemmia. Oggi produciamo 14 tipi di vino diversi”.
A farci degustare il vino Savalan, che prende il nome dalla valle situata nella parte settentrionale del paese, a 450 metri di altitudine e con le severe montagne caucasiche che proteggono dai venti e dalle intemperie, è Elisa Vagnoni. La cantina produce Aleatico, Cabernet, Merlot, Traminer, Viogner, Chardonnay, Limited release… ogni palato ha i suoi desideri, che al Vinitaly diventano esigenze severe, giudizi che non perdonano. E se si inizia con un vino, è bene continuare con lo stesso per ore. Così mi faccio versare dello Syrah: si presenta imbottigliato in una bordolese dall’etichetta viola; il vino ha un colore rosso con riflessi rubino, dalla consistenza asciutta e con un retrogusto ciliegino, di mora e di spezie.
Il vitigno – mi spiega D’Andrea – cresce su un terreno prevalentemente argilloso, ben soleggiato e ventilato, ai piedi delle montagne del Caucaso, ad una quarantina di chilometri dalla città di Qabala”.
Ottimo, senza dubbio. Eccellente. Lo vedo a sostegno di carni rosse, di pietanze con selvaggina.
La curiosità del giornalista mi porta a domandare com’è possibile coltivare il vino in un paese la cui popolazione è per la stragrande maggioranza musulmana, sciita. D’altronde nel confinante Iran il consumo di alcolici è severamente vietato…
In Azerbaijan c’è libertà – spiega – . Chi vuole consumare vino può farlo, mentre chi preferisce attenersi ai precetti religiosi, semplicemente non lo beve”.
– Vedo che avete una buona produzione…
Produciamo 1000 tonnellate di vino all’anno, invecchiato in botti di rovere francese; oltre al consumo interno, esportiamo in Russia ed in altri paesi. Siamo favoriti dalle estati molto calde e dalle escursioni termiche notturne, che attribuiscono ai nostri prodotti grandi profumi e ottima qualità. Ci serviamo dell’esperienza e della tecnologia italiana, in particolare di aziende del Friuli Venezia Giulia e del Veneto, come per le attrezzature la Della Toffola e per la selezione delle piante la Vivai Rauscedo”.
Dopo ottanta secoli la vite ha fatto ritorno a casa. E finalmente si può tornare a degustare il vino… dove è nato.