Libia. Ancora scontri a Tripoli

Gli ambasciatori di Francia, Italia, Gb e Stati Uniti, 'profondamente preoccupati'.

di Vanessa Tomassini

La situazione è evoluta durante la notte dopo la ripresa degli scontri nella periferia sud di Tripoli. Nuovi attori si sono aggiunti ai feroci conflitti tra la Settima Brigata, la Guardia Presidenziale ed il Battaglione dei Rivoluzionari di Tripoli (TRB), che hanno terrorizzato i civili nelle zone della Spring Valley, Ain Zara, Furjan e Salah al-Din. Ieri sera Salah Badi, ex membro del primo parlamento rivoluzionario libico e comandante del gruppo armato Fajr Libia di Misurata, responsabile della distruzione dell’areoporto internazionale nel 2014, ha minacciato di mettere a ferro e fuoco la capitale mentre si muoveva nella zona di Tajoura. Fonti del posto hanno riportato movimenti di milizie verso la capitale anche da Zintan, negati dal sindaco Mustafa al-Baroni.
Nella notte Haytham al-Tajouri, capo del TRB, ha minacciato coloro che osano attaccare la sicurezza a Tripoli, mostrando i suoi “negozi di armi”, con attrezzatura sofisticata che comprende lancia razzi ed artiglieria pesante.
Diversi gli attacchi politici al Consiglio Presidenziale di Fayez al-Serraj, a capo del Governo di Accordo Nazionale. Ieri 80 parlamentari della Camera di Tobruk, il parlamento orientale, hanno firmato una nozione di sfiducia nei confronti di al-Serraj, incapace di garantire sicurezza ai suoi cittadini e colpevole di aver supportato in questi anni gli stessi gruppi che oggi minacciano Tripoli.
Il consiglio locale di Sabratha ha emesso una dichiarazione che invita il governo ad assumersi le proprie responsabilità e a correggere urgentemente il corso degli eventi. La municipalità di Misurata ha rinnovato la sua condanna per l’uso della forza, come modalità per risolvere i problemi. Al momento sono in corso diverse trattative tra i dignitari della regione occidentale, facilitati dal Consiglio delle Tribù per la riconciliazione. Proprio ora sembrerebbe sia stato raggiunto un altro accordo per una tregua di 72 ore.
L’impressione di chi segue la scena libica è che il conflitto in corso sia stato inevitabile, se non voluto, per giungere all’eliminazione delle milizie non governative, che hanno fatto di Tripoli per lungo tempo il loro porto sicuro, influenzando le decisioni, i contratti nonché la vita delle istituzioni statali.

Gli ambasciatori e gli incaricati d’affari di Francia, Italia, Regno Unito e Stati Uniti hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui affermano di essere “profondamente preoccupati per i recenti scontri a Tripoli e dintorni, che stanno destabilizzando la situazione e mettendo in pericolo la vita di civili innocenti. Qualsiasi tentativo di indebolire la sicurezza della Libia è inaccettabile e completamente contrario ai desideri del popolo libico”.
Aggiungendo che “la comunità internazionale sta monitorando da vicino la situazione. Preghiamo vivamente contro ogni ulteriore escalation e chiediamo a tutte le parti di lavorare insieme per esercitare moderazione, ripristinare la calma e impegnarsi in un dialogo pacifico”.
I Paesi hanno riaffermato il loro “pieno sostegno al Rappresentante speciale delle Nazioni Unite del Segretario generale per la Libia, Ghassan Salamé, mentre lavora per facilitare il dialogo a sostegno di una Libia unificata, sicura e prospera. Perseguire obiettivi politici attraverso la violenza non farà altro che esacerbare ulteriormente la sofferenza della popolazione della Libia e minacciare una più ampia stabilità. Coloro che minano la pace, la sicurezza e la stabilità della Libia saranno ritenuti responsabili”.