Libia. Haftar perde Gharian. Trovati missili inviatigli dagli Usa attraverso gli Emirati

di Enrico Oliari –

Brutto colpo per il generale “di Tobruk” Khalifa Haftar, che non solo ha visto la sua offensiva su Tripoli arenarsi alle porte della capitale libica, ma perdere la strategica città di Gharian, circa 80 km a sud di Tripoli, sulle pendici dell’altopiano del Gebel Nefusa.
L’offensiva di Haftar ha preso il via il 4 aprile ma non si è conclusa secondo i suoi progetti il 5 maggio, giorno di inizio del Ramadan. I miliziani dell’Lna (Libyan National Army) sono difatti bloccati alle porte della capitale libica, dove i militari dell’esercito del governo riconosciuto dall’Onu e guidato da Fayez al-Serraj hanno presentato una forte resistenza fino a contrattaccare.
Giunti a Gharian i militari “di Tripoli” hanno ritrovato numerose armi abbandonate dal nemico tra cui in una base di Haftar 4 missili anti-tank “Javelin” di fabbricazione Usa, arrivati ad Haftar attraverso gli Emirati Arabi Uniti. Si tratta di missili estremamente distruttivi che costano 170mila dollari l’uno prodotti dalla Raytheon e Lockheed-Martin, e sui contenitori riportano evidenza il numero del lotto di produzione e il destinatario finale (che sono gli EAU).
In barba all’embargo Onu Haftar continua quindi a ricevere armi dall’asse emiratino-egiziano, e già nel 2016 Notizie Geopolitiche ed altri media avevano diffuso la notizia dell’arrivo per quella via di numerose armi e di ben 1.050 veicoli militari, tra cui mezzi blindati e soprattutto pick-up Toyota.

E’ evidente che gli Usa fanno un doppio gioco e vendono armi ad Haftar passando per gli Emirati Arabi per quella che il generale, circondato da terroristi di ogni risma, definisce “la guerra al terrorismo”.
I conti però tornano. La figura di Haftar è assai controversa e proprio per questo motivo osteggiata da diverse tribù: i detrattori del generale lo considerano da sempre al soldo di Washington, dal momento che nel 1987 venne fatto prigioniero dall’esercito ciadiano in occasione della “Guerra delle Toyota”, per poi essere prelevato dalla Cia e portato negli Usa, dove vi è rimasto fino al 2011. In quell’anno ricomparve in Libia per comandare la piazza di Bengasi nell’insurrezione che ha portato alla deposizione di Muammar Gheddafi.
E’ quindi risibile il generale del Lna (Libya National Army) nel momento in cui lancia i suoi strali per le recenti forniture di armi dalla Turchia al governo di Accordo nazionale, o come ha fatto ieri, minaccia di colpire navi e aerei turchi nel momento in cui dovessero avvicinarsi al territorio libico.
La verità è che la Libia è uno scacchiere sul quale si sovrappongono diversi conflitti esterni per una serie di interessi, comprese le contrapposizioni politico-religiose, per quanto l’obiettivo reale di Haftar nella sua corsa a Tripoli continui ad essere quello di mettere le mani sui soldi della Banca centrale, come affermato in maggio dall’International Crisis Group.
La crisi libica continua a rimanere in una fase di stallo sebbene, come ha sottolineato nella sua recente visita alla Farnesina l’inviato dell’Onu Ghassan Salamé, tutti gli attori nel conflitto “stiano tornando a parlare di processo politico, cosa che fino a qualche settimana fa era un tabù”.

(Nella foto: Haftar con esponenti salafiti madkhalisti).