Libia. Leon ci crede: ripartono i negoziati. Perché ‘nessuna delle due parti ha la forza per vincere’

di Guido Keller

Leon grandeNonostante tutto Bernardino Leon continua a crederci. E così l’inviato dell’Onu per la crisi Libica ha indetto per oggi e domani ad Algeri nuovi colloqui fra i rappresentanti del governo “di Tripoli”, islamista, riconosciuto da Turchia e Qatar e con a capo Khalifa al-Ghweil, e quello “di Tobruk”, riconosciuto dalla comunità internazionale, frutto delle elezioni di un anno fa e guidato da Abdullah al-Thani.
Il ragionamento di Leon è semplice: “nessuna delle due parti è sufficientemente forte per vincere”. Si tratta di una realtà che oggi è sotto gli occhi di entrambi i contendenti, in lotta ormai da anni, mentre l’Isis avanza nel paese, controlla già alcune città e minaccia entrambe le parti.
Un quadro, ha spiegato Leon, che ora mostrerebbe la volontà di entrambe le parti “di giungere ad una soluzione politica” della crisi.
Come ha spiegato il ministro algerino per gli Affari Maghrebini e Africani, Abdelkader Messahel, i leader convenuti hanno come punto all’ordine del giorno il progetto di un governo di unità nazionale; sono inoltre chiamati a “prendere in esame accordi per la sicurezza così come gli ultimi sviluppi della situazione in Libia”. Il ministro ha indicato che agli incontri sono presenti anche politici, attivisti e “nuove personalità libiche influenti sul terreno”.
Messahel ha quindi sottolineato “la necessità di unire gli sforzi e di farli convergere per capitalizzare i risultati ottenuti finora nel tentativo di giungere quanto prim, alla formazione di un governo di unità nazionale in grado di farsi carico della missione essenziale e urgente di affrontare il terrorismo e di creare le condizioni per garantire una transizione serena verso la creazione di istituzioni democratiche e stabili, condizioni essenziali di uno Stato sovrano e forte”.
Venerdì in Ciad, a N’Djamena, seguirà una nuova seduta dei paesi confinanti la Libia, sesto incontro del genere al quale prenderà parte la Lega Araba il cui vice segretario generale, Ahmed Ben Helli ha ricordato a Tripoli e a Tobruk che le continue violenze e interruzioni dei negoziati rischiano di “incoraggiare l’ingerenza straniera negli affari interni della Libia sotto più pretesti”; “Se le parti libiche raggiungono un accordo su un’autorità nazionale per gestire il periodo di transizione – ha continuato Helli – , la Libia sarà in grado di rilanciare il processo di ricostruzione per riconquistare il posto che le spetta sulla scena araba e africana”.
La scaletta degli incontri sulla crisi libica prevede anche un incontro al Cairo il 7 giungo, al quale prenderanno parte Egitto, Italia e Algeria.
Intanto l’ambasciatore libico all’Onu, Ibrahim Dabbashi, ha ribadito la netta contrarietà del governo “di Tripoli” ad una qualsiasi azione di forza sovranazionale di contrasto ai trafficanti di migranti nel proprio paese, come da progetto dell’Unione Europea e da risoluzione in fase di preparazione al Consiglio di sicurezza: “La posizione della Libia è chiara – ha dichiarato alla France Presse -: fino a quando l’Unione Europea e alcuni altri paesi non ne discuteranno con il legittimo governo, in quanto unico rappresentante del popolo libico, non ci sarà alcun consenso da parte nostra”.
La risoluzione al Consiglio di Sicurezza, redatta da Gran Bretagna, Francia, Lituania e Spagna, potrebbe incontrare il veto della Russia, che già ha fatto sapere la propria contrarietà all’idea di colpire i barconi (ovviamente vuoti) e le strutture civili utilizzate dai trafficanti di uomini.

Nella foto: l’inviato dell’ONU per la crisi libica Bernardino Leon.