Libia. Winer al Congresso Usa, ‘non ci sono piani degli alleati di intervento’

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winer jonathanL’inviato degli Stati Uniti per la crisi libica, Jonathan Winer, è intervenuto oggi al Congresso di Washington per fare il punto della situazione di fronte a una realtà complicatissima ma in evoluzione, con il governo di unità nazionale che prende sempre più piede, l’Isis costretto a retrocedere un po’ ovunque e il governo di Tobruk, frutto delle elezioni del giugno 2014, non aver ancora aderito a Tripoli, ma con una posizione sempre più indebolita anche grazie alle pressioni Usa per cui lo stesso Winer si è recato per trattative nella città della Cirenaica.
Nella sua relazione Winer ha denunciato la necessità improrogabile che la Libia aumenti in modo significativo la produzione di greggio, poiché, “se entro un paio di anni non riusciranno ad esportare il loro petrolio”, il paese rischierà il collasso economico.
Oggi la Libia produce 400mila barili di petrolio al giorno, una quantità per Winer che è meno della metà delle proprie capacità, per cui gliUsa stanno lavorando ad un piano per aiutare la National Oil Company a riprendere la produzione di petrolio.
In realtà in Libia non stanno aspettando gli Usa per riprendere la normale estrazione e vendita di greggio, tant’è che nei giorni scorsi il vicepremier del governo di unità nazionale Musa al-Koni, ai tempi di Gheddafi console generale in Mali, ha fatto sapere che entro un anno si arriverà ai livelli pre-crisi, pari a 1,6 milioni di barili al giorno.
Winer ha poi spiegato ai congressisti e alle commissioni Esteri di Senato e Camera che  “Nessun paese straniero, neanche alleato, sta pianificando l’invio di forze militari in Libia” per combattere l’Isis, “non sono a conoscenza di altro che non siano missioni di addestramento o attrezzature”. Ha poi confermato che neppure gli Usa stanno preparando piani di intervento in Libia, per quanto “Ci siano un sacco di motivi per essere pessimisti. Vi sono infatti anche motivi di ottimismo e di reale progresso. Sì, il processo è fragile. Siamo ancora in un posto fragile”.