L’Iran risponde a Israele: missili e droni su obiettivi nel Golan e nel Neghev

di Mohamed Ben Abdallah

Data da giorni come altamente probabile e promessa dalla Guida suprema Ali Khamenei, ha avuto via ieri sera la risposta iraniana all’attacco israeliano del 1 aprile contro un palazzo dell’ambasciata iraniana di Damasco, in Siria, quando in un’azione aerea sono stati uccisi numerosi tra alti ufficiali e funzionari dei Pasdaran, le Guardie rivoluzionarie iraniane, tra cui il generale Mohammad Reza Zahed, comandante delle operazioni della Forza al-Quds, il suo vice Mohammad Hadi Raimi e Hussein Amir Allah, comandante locale dei Pasdaran. Un’azione condannata anche dalla Russia, definita “inaccettabile” dal ministero degli Esteri.
Almeno 500 tra droni e missili sono stati lanciati in diverse ondate dall’Iran su obiettivi militari nel Golan e nel Neghev, e stando ai comunicati provenienti dalla Repubblica Islamica sarebbero stati sparati anche missili ipersonici, notizia non confermata da Israele. Meno veloci sono i droni, che impiegano diverse ore per raggiungere obiettivi distanti mille chilometri e che in un certo numero sono stati fermati da caccia Usa, francesi e britannici sui cieli del Kurdistan Iracheno. Aerei israeliani si sono alzati in volo per intercettare i droni sui cieli della Giordania e della Siria.
Il presidente Usa Joe Biden è rientrato immediatamente a Washington, mentre da Teheran è stato chiesto agli Usa di non intervenire al fine di non avviare una pericolosa escalation. A determinare una risposta più ampia sarà certamente la misura degli danni oggetto dell’attacco.
Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani ha reso noto di aver cercato di dissuadere il collega iraniano Hossein Amir Abdollahian da un’azione di risposta all’attacco del 1 aprile, e intervistato per Sky Tg24 ha affermato che è ancora presto per prevedere l’evoluzione dell’attacco.
La rappresentanza iraniana all’Onu ha affermato che l’operazione “Promessa vera”, indetta in base all’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite che prevede il diritto di reazione all’attacco all’ambasciata di Damasco, è da considerarsi conclusa, ma che in caso di reazione israeliana sarà ripresa con maggior forza.
Gli Usa hanno spostato la portaerei Eisenhower, ma al momento non vi sono azioni dirette contro l’Iran. In Israele si è riunito il gabinetto di guerra, mentre l’aereo del premier Benjamin Netanyahu è decollato per destinazione ignota.
Le batterie missilistiche da difesa Iron Drome sono entrate in funzione a Gerusalemme e a Tel Aviv colpendo droni in volo, ma razzi sono stati lanciati anche dagli Hezbollah libanesi e dagli Houthi yemeniti.
L’esercito israeliano ha poi comunicato di aver distrutto il 99% dei velivoli senza pilota e dei vettori, mentre i media hanno riportato che sarebbero in corso pressioni della comunità internazionale sugli Usa affinché non vi sia reazione militare all’attacco.
In realtà l’attacco iraniano sembra avere più una valenza politica che militare, per cui è del tutto comprensibile che le potenze internazionali e locali lavorino per evitare l’escalation.