Mali. Prodi, ‘situazione disperata, Italia assente’

di Enrico Oliari –

“Difficoltà, vastità e pesantezza del problema”: è con queste parole che Romano Prodi, inviato speciale dell’Onu in Mali, ha descritto la situazione che sta interessando il paese africano uscendo da una prima riunione tenutasi a Bamako lo scorso 19 ottobre.
“Lo sviluppo della regione saheliana, data la grave situazione di partenza, prenderà decenni” – ha continuato Prodi, facendo notare come il nostro paese si presenterebbe alquanto defilato sul problema, tanto che, come ha affermato in un’intervista al quotidiano La Stampa, “i ministri di tutto il mondo che ho incontrato qui mi hanno chiesto a più riprese perché l’Italia fosse assente. E’ semplicemente incredibile come il nostro paese non rifletta seriamente sui problemi africani. Non abbiamo neanche un’ambasciata in Mali, ma non è soltanto questo il problema”.
Il Mali, ricordiamo, si è sostanzialmente spaccato in due poco meno di un anno fa quando le milizie autoctone dei tuareg, unite a quelle jihadiste dell’Ansar Dine e di al-Qaeda Aqmi, hanno scisso la metà settentrionale della nazione. In un primo momento era stata dichiarata la repubblica islamica dell’Azawad, con tanto di proposte di riconoscimento di alcuni paesi in cambio della possibilità di estrarvi il petrolio, ma poi gli jihadisti hanno de facto sottomesso le popolazioni tuareg, obbligandole alla sharia ed arrivando a distruggere le antiche testimonianze del passato che, come a Tinbuctù, sono riconosciute quali Patrimonio dell’umanità.
La caduta dell’Azawad era coincisa con un colpo di Stato operato dai militari che aveva interessato la parte meridionale del paese, poiché essi lamentavano la scarsità di mezzi per combattere i rivoltosi.
La Francia in particolare, che ha interessi nella regione, sta sorvegliando la situazione anche con aerei drone, mentre l’Unione Africana ha già promesso a Bamako uomini e mezzi per tentare la riannessione del nord del paese.
Nonostante nel’Azawad stiano confluendo volontari jihadisti da tutta l’Africa ed il Medio oriente, oltreché armi in particolare dalla Libia (di tanto in tanto l’esercito tunisino sorprende nel deserto e distrugge  i convogli), la battaglia di liberazione potrebbe essere di difficile e complessa organizzazione, nonostante i tuareg e le altre popolazioni autoctone si siano ormai giurati al laicismo pur di scacciare gli ex alleati ormai ingombranti.