Niger. Presto la missione italiana per contrastare i traffici dei migranti

Notizie Geopolitiche

Salutando l’equipaggio sul ponte della nave Etna, impegnata nella missione Eunavfor Med – Operazione Sophia, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha ieri confermato il prossimo invio di militari in Niger con lo scopo di contrastare i traffici dei migranti, scelta seguita all’incontro di Parigi di Gentiloni con Merkel, Macron e il G5 Sahel, di cui Notizie Geopolitiche ha dato notizia nei giorni scorsi.
Gentiloni ha spiegato che ormai l’Isis è stato sconfitto in Iraq dove “siamo presenti con 1.400 militari, la seconda forza. Ora che Mosul è stata liberata, ci sono le condizioni perché il nostro contributo in Iraq diventi un contributo al consolidamento di quel Paese” attraverso una parte dei militari lì stanziati, mentre un’altra parte sarà destinata in Niger, in quanto “Noi tuteliamo il nostro interesse nazionale e lo facciamo sempre in amicizia con gli altri paesi, mai in contrapposizione. Il compito dei nostri militari non è mai stato quello di trovarsi un nemico. Noi vogliamo costruire dialogo, amicizia e pace nel Mediterraneo e nel mondo”.
Il premier ha spiegato che della cosa informerà a breve il Parlamento: “Dobbiamo continuare a lavorare concentrando l’attenzione e le energie sul mix della minaccia del traffico di esseri umani e il terrorismo nel Sahel”, serve “una missione per sconfiggere il traffico di essere umani e il terrorismo. Abbiamo svolto un ruolo fondamentale nella battaglia contro il terrorismo, lo abbiamo fatto per solidarietà internazionale e lo abbiamo fatto e lo facciamo per difendere il nostro interesse nazionale”.
Gentiloni ha quindi informato che grazie all’Operazione Sophia sono statu identificati 130 trafficanti e sono state distrutte 600 imbarcazioni, oltre che salvate un grande numero di vite umane. Per cui “contro lo schiavismo l’Italia ha raggiunto risultati straordinari, ha inferto colpi che neanche immaginavamo e lo abbiamo fato grazie alla capacità che questa missione ha di formare personale che consenta alle autorità libiche un controllo maggiore dei propri confini. Lo facciamo lavorando attraverso con le agenzie Onu per garantire condizioni umane a chi, attraversando l’Africa si trova da anni in Libia”.