Panama. Verso una sfida tutta a destra

di Francesco Giappichini –

Il 5 maggio a Panama, in un clima lontano dalla «bonanza» e dalla prosperità di qualche anno fa, si celebreranno le elezioni presidenziali. Non è previsto il ballottaggio, cosicché le prevedibili frammentazioni potrebbero essere pagate care. Col voto si sceglierà il successore del presidente di centrosinistra, Laurentino Cortizo, il cui mandato è stato segnato da una lunga serie di crisi e conflitti, sia sul piano interno, sia internazionale: tanto che, stando agli indici di gradimento, il capo di stato uscente figura tra i peggiori leader della storia del Paese. La crisi pandemica, le tensioni internazionali ben rappresentate dalla guerra in Ucraina, l’impennata inflazionistica globale, la siccità che ha colpito il Canale di Panama riducendone drasticamente il traffico, e last but not least le proteste di autunno (contro lo sfruttamento della miniera Minera Panamá, da parte della compagnia mineraria canadese “First quantum minerals”): una tempesta perfetta che ha logorato la leadership riformista, e ha lasciato una prateria alle formazioni di destra o centrodestra.
In testa ai sondaggi emergono così movimenti che si rifanno all’esempio dell’ex presidente Ricardo Martinelli. Quest’ultimo, pur rifugiato presso l’ambasciata del Nicaragua a Panama per sfuggire a svariate inchieste di corruzione, non solo guida il partito in testa ai sondaggi; ma è fondatore dell’unica formazione che pare in grado di contrastarlo. Secondo la più recente encuesta electoral, in testa col 19,8% delle intenzioni di voto, spicca l’ex ministro José Raúl Mulino: l’uomo di fiducia di Martinelli. Questo candidato rappresenta il partito di destra Realizando metas (Rm), che non a caso ha le iniziali dello stesso fondatore: una formazione «caudillista», anti-élite, populista, liberale, che poggia sul carisma e la leadership autoritaria dell’ex presidente.
Soprattutto si confida nella nostalgia per gli anni di benessere, durante il governo dello stesso Martinelli, quando Panama avrebbe dovuto trasformarsi nella Dubai o nella Singapore delle Americhe. Come noto, il fondatore, pur in testa alle inchieste elettorali, è stato costretto ad abbandonare la sfida: è stata decisiva la condanna a dieci anni e otto mesi, per riciclaggio di denaro. Al secondo posto, col 19,6%, figura un altro ex ministro della disinvolta Amministrazione Martinelli: Romulo Roux guida la formazione di centro-destra Cambio democrático (Cd), fondata dallo stesso Martinelli. Quest’ultimo era stato costretto a lasciargli la poltrona a seguito di svariate inchieste penali: le stesse che avevano portato al suo arresto presso Coral Gables, a sud di Miami, e alla successiva estradizione.
Tuttavia, a seguito di alcune sentenze assolutorie, il politico di origine lucchese ha cercato di tornare in sella alla sua creatura. Alla fine però la determinazione di Roux nel conservare la guida di Cd ha prodotto questa scissione nella destra. Solo in terza posizione, con il 15,7%, troviamo il vicepresidente in carica José Gabriel “Gabi” Carrizo, che rappresenta il governista Partido revolucionario democrático (Prd) del centro-sinistra. Si profila così una sfida, tutta a destra dell’emiciclo, tra due formazioni personaliste, e avversarie della multiforme sinistra latinoamericana: più strumenti per raggiungere il potere, che piattaforme programmatiche. Due partiti che, pur rappresentando gli interessi dei gruppi economici dominanti, sono essenzialmente comitati elettorali (maquinaria electoral), sul modello statunitense.