Papua Nuova Guinea. Referendum indipendenza: Bougainville dice ‘si’

di Alberto Galvi

Lo scorso 23 novembre l’arcipelago di Bougainville, una regione autonoma della Papua Nuova Guinea, ha iniziato una procedura referendaria per cercare di ottenere l’indipendenza.
Questa procedura si è conclusa 2 settimane dopo con il 98% dei voti a favore dell’indipendenza. I risultati sono stati annunciati nella città di Buka dall’ex primo ministro irlandese Bertie Ahern, presidente della Commissione referendaria di Bougainville.
Il referendum era al centro di un accordo di pace del 2001, come conseguenza di una guerra civile che è durata dal 1988 al 1997 e in cui morirono circa 15mila persone su una popolazione totale di circa 300mila abitanti.
In questo periodo bellico l’esercito papuano intervenne contro il BRA (Bougainville Revolutionary Army) in difesa della compagnia mineraria BCL (Bougainville Copper Limited), una sussidiaria del colosso delle risorse britannico-australiano Rio Tinto.
Codesta società possedeva al momento del conflitto la miniera di Panguna e fece sfollare circa 40mila persone tra Bougainville e le vicine Isole Salomone, oltre a forzare la chiusura della miniera. La BCL è stata anche direttamente coinvolta nelle operazioni militari, fornendo mezzi, carburante e caserme alle truppe.
Negli ultimi tempi la società australiana Fortescue Metals Group Ltd e diverse altre compagnie minerarie come la società australiana, Callabus, il gruppo RTG Mining Inc. con sede in Australia e la BCL hanno mostrato interesse a riaprire la miniera anche se tra di loro non c’è nessuna convergenza.
Il paese è ricco di risorse naturali, in particolare di rame, che è stato estratto su larga scala dagli anni ‘60 sotto l’amministrazione australiana. La miniera di Panguna è una delle più grandi riserve di rame e oro del mondo. I piani per rilanciarla però sono falliti da quando il gruppo minerario di Rio Tinto si è ritirato dal progetto nel 2016. Per questa ragione Bougainville dipende ancora da Papua Nuova Guinea per la maggior parte delle sue entrate.
I prodotti della miniera rappresentavano il 45% delle entrate da esportazioni della Papua Nuova Guinea, con il governo del paese che deteneva il 20% delle quote della miniera. Lo sfruttamento delle estrazioni minerarie iniziò nel 1972 e fu uno dei fattori chiave dell’inizio del conflitto. I prodotti delle estrazioni minerarie furono per la maggior parte venduti in Australia.
Un altro dei fattori chiave che ha fatto scatenare il conflitto è stato lo sfruttamento nelle miniere dei lavoratori locali. La fine dei combattimenti portò all’accordo di pace e alla creazione del governo autonomo di Bougainville, con la promessa di un referendum non vincolante per la sua indipendenza.
Si stima che potrebbe volerci un decennio prima che si trovi un accordo che formalizzi in modo definitivo la nascita di questo nuovo Stato. Le autorità dovranno infatti creare istituzioni, redigere una costituzione e istituire delle forze armate e di sicurezza ecc.
Nelle prossime settimane si terranno i primi incontri con il governo della Papua Nuova Guinea per decidere la durata della transizione prima di arrivare alla piena indipendenza. Il risultato del referendum dovrà poi essere ratificato dal Parlamento della Papua Nuova Guinea, anche se alcune forze politiche sono contrarie a questa indipendenza.
Il timore infatti è l’effetto contagio che questo referendum può portare in altre zone del Pacifico come nel caso della Papua Occidentale che cerca di separarsi dall’Indonesia o come nella Nuova Caledonia che l’anno prossimo terrà un nuovo referendum per chiedere l’indipendenza dalla Francia.
Il premier della Papua Nuova Guinea, James Marape farà una dichiarazione nei prossimi giorni per far capire meglio gli effetti che il risultato di questo referendum porterà alla popolazione. La strada per Bougainville sembra ancora essere ardua prima di diventare il 194mo stato membro delle Nazioni Unite.
A livello geopolitico Bougainville come Stato indipendente sarebbe un ottimo alleato di Pechino nell’area del pacifico in quanto è ricco di risorse minerarie ed è il paese ideale per investire in turismo e agricoltura. La Cina infatti ha già più volte espresso il suo appoggio diplomatico nei confronti della nascita di questo nuovo Stato.