Patto Ue – Mercosur, ancora speranze

di Francesco Giappichini –

Per l’Accordo di libero scambio tra il Mercosur e l’Unione Europea, di cui si discute da oltre 25 anni, è veramente finita? Come scrivono i media del mondo, il governo francese ha reiterato una secca opposizione al trattato tra l’Unione europea e il Mercosur (Mercado común del Sur). Almeno così come è sul tavolo, ovvero in conformità dell’intesa (agreement in principle) raggiunta nel giugno 2019. In particolare, sull’onda delle proteste degli agricoltori, il primo ministro Gabriel Attal ha annunciato il ritiro dai negoziati. Una decisione imposta dal presidente Emmanuel Macron, di cui la Commissione europea prende atto. L’esecutivo comunitario, il 30 gennaio, dichiara quindi che le condizioni per un accordo “non erano soddisfatte”, ma che i colloqui continueranno.
Andiamo però con ordine. Come ha affermato il ministro dell’Economia e delle finanze Bruno Le Maire, l’”accordo del Mercosur, così com’è, non è positivo per i nostri allevatori. Non può, non deve essere firmato così com’è”. Questi ha annunciato un redde rationem in occasione dei prossimi negoziati a Bruxelles, specificando che «quando la Francia vuole qualcosa in Europa, ha abbastanza peso per imporlo”, e che «è grazie al presidente della repubblica e solo grazie a lui, se questo accordo non viene firmato oggi”. Dichiarazioni fatte proprie da Marc Fesneau, titolare del Ministère de l’Agriculture et de la souveraineté alimentaire, convinto che finché «non avremo una risposta chiara e non avremo qualcosa che eviti di sottoporre i nostri produttori francesi ed europei a clausole, ad una concorrenza che è concorrenza sleale, non sarà possibile raggiungere un accordo”.
Parigi ovviamente punterebbe a modificare l’“European Union–Mercosur free trade agreement” con clausole vincolanti, quelle ribattezzate dalla stampa «clausole specchio”: i Paesi sudamericani, per quanto attiene ai prodotti agricoli esportati, dovrebbero cioè conformarsi agli standard europei. Ma se la battaglia francese per la riapertura del negoziato può contare sul sostegno di Paesi Bassi e Austria, va segnalata la freddezza di Madrid, Lisbona e soprattutto Berlino, che preferirebbero l’accordo così com’è, per aumentare i propri scambi col Sud America. E la situazione dall’altro lato dell’Atlantico? La rielezione del capo dello stato brasiliano, Luiz Inácio Lula da Silva, e la vittoria del presidente Javier Milei in Argentina, hanno creato un clima favorevole al trattato: se la sconfitta dell’ex presidente Jair Bolsonaro faceva venir meno le considerazioni legate alla deforestazione, da Buenos Aires si rimarca che è di “vital importancia cerrar el acuerdo”.
Così molti osservatori della regione stigmatizzano il ritardo con cui, tra le Nazioni del Cono Sud, si è riusciti a creare un fronte comune. E si osserva che il blocco dei negoziati incombe proprio quando i Paesi sudamericani avrebbero un enorme bisogno dell’accordo: per il 2024 le economie di Brasile e Argentina hanno scarse prospettive di crescita, e una firma sarebbe stata un’ancora di salvezza, trattandosi di realtà produttive che dipendono dall’export. Tuttavia non mancano gli ottimisti, convinti che ben difficilmente, nel lungo termine, si potrà rinunciare all’area di libero scambio più grande del pianeta: un mercato che coinvolgerebbe 780 milioni di persone, per un import – export che si avvicina ai 45 miliardi di euro. Si spera quindi che la nuova Commissione europea, quella che nascerà nel dicembre del 2024, potrà dare un nuovo impulso al negoziato.