Russia, Ucraina e Ue: la geopolitica del gas

di Dario Rivolta *

Le statistiche economiche attestano che dal 1970 ad oggi il Pil reale è cresciuto in modo ben differente tra i diversi Paesi del mondo. Se si calcola 100 come punto di partenza nel 1970, nel 2024 la ricchezza reale mondiale è cresciuta di quasi cinque volte, quella statunitense di più di tre volte e mezzo, la giapponese di due e mezzo e quella dell’Unione Europea passa a malapena il doppio. In particolare la differenza nella crescita tra Europa, Stati Uniti e resto del mondo si è accentuata a nostro sfavore negli ultimi dieci anni e cioè da quando, per i motivi della lotta climatica e soprattutto per le sanzioni comminate alla Russia, abbiamo dovuto cambiare i fornitori di materie prime che compravamo a prezzo relativamente buono e delle fonti energetiche fossili molto convenienti.
È evidente a tutti queste sanzioni stiano penalizzando molto di più l’Europa degli USA che le hanno imposte (ma subito imitate da Bruxelles), e ciò sia perché l’economia europea era più intrecciata a quella russa di quanto lo fosse quella americana, sia perché gli Stati Uniti non hanno mai rinunciato a importare da Mosca alcuni beni da loro considerati strategici. Di là da alcune quantità di petrolio continuate anche nel 2023, l’esempio più eclatante è l’uranio russo, utile per nutrire le centrali nucleari a stelle e strisce.
Comunque stiano le cose, il problema maggiore per l’economia europea è l’aumento enorme del prezzo dell’energia e in particolare di quello del gas (negli ultimi mesi è calato sensibilmente rispetto allo scorso anno, ma continua a rimanere mediamente molto al di sopra di quanto pagato prima dell’introduzione delle sanzioni). Dal giugno 2022, e cioè dall’inizio di importanti sanzioni anti russe, stiamo importando molto più gas dagli USA che dalla Russia e lo paghiamo sino a quattro volte di più.
Chi ne soffre maggiormente è la Germania, ma ciò costituisce un problema anche per l’Italia che è tra i principali partner economici tedeschi. La debacle tedesca si è particolarmente accentuata dopo che una mano terrorista ha fatto esplodere il gasdotto North Stream, obbligando Berlino a sostituire il gas russo via condotte con quello liquido via mare da rigassificare, oltre ad un aumento di quello in arrivo dalla Norvegia, esso pure rincarato seguendo il prezzo di mercato mondiale. Ancora nel 2015 l’Unione Europea importava più di 100 miliardi di mc di gas dalla Russia, ma nel 2023 tale quantità è scesa a circa 30 miliardi di mc. La politica energetica europea, detta RePowerEu, prevede che il gas russo possa essere completamente eliminato entro il 2027 ma, intanto e seppur molto meno, qualcuno continua a comprarne. In particolare gli importanti importatori di gas russo liquido sono Olanda e Spagna, mentre Slovacchia, Ungheria, Austria e Italia lo ricevono ancora attraverso i tubi per circa 28 miliardi di mc all’anno. La metà arriva tramite il gasdotto TurkStream che, dopo essere passato sotto il Mar Nero, giunge in Turchia, poi Bulgaria, Serbia e Ungheria. Ciò che fa specie è che gli altri 14 miliardi continuano ad arrivare in Italia, nonostante la guerra, attraverso l’Ucraina, la Slovacchia e l’Austria. L’Ucraina, almeno formalmente, non è destinataria diretta poiché ricompra lo stesso gas da Slovacchia e Ungheria (revert). In altre parole, l’Ucraina svolge la funzione di solo Paese di transito, compito al quale non può sottrarsi senza indisporre pesantemente i Paesi europei suoi alleati nella guerra contro la Russia e soffrire di ancora maggiore mancanza di energia.
Purtroppo, o per fortuna, il contratto di transito con la Russia scadrà comunque alla fine del 2024 e Kiev avrebbe dichiarato che, comprensibilmente, non intende rinnovare l’accordo di transito con la Russia.
Se ciò avvenisse l’Austria e l’Italia potrebbero essere tra le meno colpite, poiché l’Austria è comunque un hub per più gasdotti (anche il TurkStream), mentre l’Italia, oltre ai terminali GNL sul proprio territorio, ha in corso forniture di gas via tubo sia dall’Algeria, dall’Azerbaigian e, guerra civile permettendo, dalla Libia.
A proposito dell’Azerbaigian è bene ricordare che il Paese ha uno dei sistemi politici più autoritari tra quelli vicini all’Europa, e ciò pone almeno qualche domanda su quali siano i criteri con cui noi occidentali scegliamo amici e fornitori. Tra gli attuali clienti di gas russo, qualora l’Ucraina non consentisse più il passaggio, chi soffrirà di più sarebbe la Slovacchia, che dovrà sperare che Austria, Ungheria e Repubblica Ceca ne ricevano talmente tanto da poterne cedere un po’ a Bratislava. Il primo ministro slovacco ha suggerito che, nel caso non venisse rinnovato l’accordo di transito tra Russia e Ucraina, un uguale accordo dovrebbe essere firmato direttamente dalle società europee con Mosca che, a loro volta, si accorderebbero loro con l’Ucraina per il trasporto di quel gas. Naturalmente in questo caso Kiev continuerebbe a ricevere il gas russo acquistandolo, come avviene ora, non da Gazprom ma direttamente dai commercianti europei. Attualmente, proprio a causa della guerra in corso, l’economia ucraina ha una scarsa domanda di gas ma, se e quando le attività economiche dovessero riprendere, la sua domanda di gas aumenterebbe. A questo punto se davvero l’Europa nel 2027 dovesse rinunciare del tutto al gas russo non si potrebbe più nemmeno fare l’ “inversione virtuale” utilizzata fino ad ora e, assieme agli altri costi (enormi) per la ricostruzione del Paese, si troverebbe anch’essa a dover pagare l’energia molto di più di quanto stia pagando ora.
Un altro grave problema che l’Europa tutta dovrebbe affrontare nel vicino futuro dipende dalla domanda cinese di gas. Ad oggi la Cina importa dal mercato mondiale il 17% di tutta l’offerta disponibile di gas liquefatto, ma si prevede che nel 2024 aumenterà tali suoi bisogni dell’8.5%. I maggiori esportatori mondiali gi GNL sono nell’ordine: USA (92,1 milioni di tonnellate), Australia e Qatar. Un aumento della domanda cinese di GNL, accompagnata da una diminuzione prevista della produzione americana e dalla totale eliminazione degli acquisti europei di gas russo non potrebbe che provocare nuovi aumenti di prezzo di tale bene e ciò a ulteriore detrimento delle economie del nostro continente.
Come notizia curiosa va ricordato che, nonostante le sanzioni volute dagli americani e applicate anche dagli europei contro le banche russe, la banca di Gazprom, la Gazprombank, non è soggetta ad alcuna azione sanzionatoria proprio per consentire il pagamento di quel gas che l’Europa, per ora, continua ad importare dalla Russia, liquido o gassoso che sia. Quando si dice gli interessi!
In effetti, guerra o non guerra, aggressione o non aggressione, la prosecuzione del transito di gas anche dopo la fine del 2024 e perfino dopo il 2027 probabilmente continuerà. Conviene alla Russia, all’Ucraina e a tutta l’Europa. Ovviamente se il prezzo del gas GNL crollasse drasticamente tutto può cambiare, ma gli esperti pensano che Qatar e Stati Uniti troverebbero facilmente un’intesa affinché ciò non avvenga.

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.