Sale la tensione allo stretto di Hormuz: due navi silurate

E’ palese che vi sia chi vuole la guerra.

di Francesco Cirillo –

A neanche un mese dal sabotaggio di due petroliere della Saudi Aramco ormeggiate nei pressi degli Emirati Arabi Uniti, cosa di cui Riad ha puntato il dito contro l’Iran, stamane vi è stato un attacco contro due petroliere nel Golfo dell’Oman, a circa 40 miglia ad est del porto emiratino di Fujairah e quindi nei pressi dell’incandescente stretto di Hormuz, cosa che ha nuovamente alzato la tensione nella regione Medio Orientale.
Secondo fonti locali iraniane e l’azienda Frontline le due petroliere sono state vittime di un attacco che ha danneggiato pesantemente lo scafo delle due petroliere, una battente bandiera panamense, la Kokuka Courageous, ed una delle Isole Marshall, la Mt. Front Altair. Per la Frontline una è stata colpita da un possibile siluro ed un’altra da un’esplosione, forse causata anch’essa da un siluro, che ha danneggiato lo scafo e aperto un enorme squarcio.
Della Mt. Front Altair, di proprietà di un armatore norvegese, si sa che ha subito uno squarcio nella fiancata ma al di sopra della linea di galleggiamento, e che i 23 membri dell’equipaggio, perlopiù russi, georgiani e filippini, sono stati tratti in salvo da unità della Marina iraniana, cosa riportata con enfasi dalla stampa della Repubblica Islamica.
La seconda nave sarebbe addirittura affondata, ed in zona si è portata la portaerei Uss Abrahm Lincoln con il suo gruppo navale, stanziato insieme alla nave anfibia Arlington e a bombardieri pesanti nell’area da Donald Trump a seguito delle tensioni con gli Usa.

 
Entrambe le petroliere dovevano portare carburanti in Giappone, e nelle stesse ore in Iran era in corso la visita del primo ministro nipponico Shinzo Abe per tentate di mediare sulla questione del nucleare iraniano e per stemperare i dissidi con gli Stati Uniti. Il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, ha scritto su Twitter che “I riferiti attacchi contro cargo legati al Giappone sono avvenuti mentre il primo ministro Shinzo Abe stava incontrando l’ayatollah Ali Khamenei per colloqui approfonditi e amichevoli. Dire che è sospetto non è abbastanza per descrivere ciò che probabilmente è successo questa mattina. Il dialogo regionale proposto dall’Iran è imperativo”.
Dopo 4 petroliere navi sabotate o silurate è pacifico che qualcuno stia cercando il casus belli secondo uno schema ben preciso, al punto che lo stesso Zarif aveva immaginato tali situazioni già in aprile.
Lo scenario parte con la decisione di Donald Trump lasciare l’accordo sul nucleare iraniano sottoscritto dal “5+1” (Usa, Russia, Cina, Francia, Gb + Germania) nel 2015, il Jpcoa, potrebbe così avviare un’escalation dagli esiti imprevedibili e portare ad una guerra al cui confronto quelle siriana, irachena e libica messe insieme appaiono come una passeggiata. Va detto che, come ha più volte appurato l’Aiea, l’Iran ha sempre rispettato pedissequamente l’accordo, ma Trump, che è stato eletto grazie al determinate supporto delle potenti lobby sioniste presenti nel suo paese, ha preso come “casus” il lancio nel settembre 2017 di un missile convenzionale “Khorramshahr”, nonostante tali test non rientrino nel Jpcoa.
Come reazione all’iniziativa della Casa Bianca del 2 maggio di sospendere l’esenzione dalle sanzioni per 8 paesi tra cui l’Italia che acquistano petrolio dall’Iran, cosa che rappresenta una sonora mazzata per l’economia della Repubblica Islamica, Teheran ha minacciato la chiusura dello stretto di Hormuz, da cui transita buona parte del petrolio mondiale, da qui l’iniziativa di Donald Trump di stanziare nell’area la portaerei Uss Abrahm Lincoln con il suo gruppo navale, bombardieri pesanti, la nave anfibia Arlington, missili Patriot per la difesa e di minacciare l’invio di un contingente di 120mila uomini.
Musica alle orecchie delle monarchie alleate del Golfo, che vedono nell’Iran, paese sciita, un ostacolo ai loro interessi geostrategici (si pensi al conflitto siriano e a quello yemenita) ed economici, in particolare il maxi-giacimento di gas che la Repubblica Islamica ha in comune con il Qatar, il più grande al mondo, che secondo le stime raddoppierà la produzione di gas di Teheran.

Vedi anche:
– Cresce (secondo uno schema consolidato) la crisi tra gli Usa e l’Iran.
Golfo Persico: qualcuno sta cercando un “casus belli”?