Siria. In corso l’offensiva dell’Esercito: permetterà ad al-Assad un peso maggiore al “Ginevra 2”

di Guido Keller

siria soldati esercito regolare grandeNon conosce sosta l’offensiva dell’esercito regolare siriano, sostenuto da circa 4mila Hezbollah libanesi e da altrettanti pasdaran iraniani, tanto che quasi ogni giorno arrivano notizie di villaggi riportati sotto il controllo di Damasco e di interi gruppi di insorti o di jihadisti catturati o eliminati.
Solo negli ultimi giorni è stata ripresa Sbeneh, a sud di Damasco, Maheen, presso la periferia di Homs, Beit Sahem, dove decine di insorti si sono consegnati gettando le armi, Qara, nella circondario nord della capitale, alcuni villaggi nei pressi di Qamishili, nell’estremo nord est della Siria, dove i curdi hanno proclamato il proprio stato indipendente e si potrebbe continuare a lungo nell’elenco delle cittadine e dei villaggi riconquistati dai lealisti.
Man mano che l’offensiva procede, molti insorti e jhadisti stranieri si arrendono alla pressione dei militari fedeli ad al-Assad: il 17 novembre più di 300 uomini armati si sono arresi all’esercito nei pressi di Babbila e Bait Sahem, nella periferia di Damasco, mentre il 15 novembre l’agenzia di stampa Suriya al-En ha riportato di 600 fra terroristi ed insorti che hanno deposto le armi all’esercito siriano nelle 72 ore precedenti.
La risposta degli oppositori è forte, con interi quartieri delle città colpite dai mortai e persino attentati; tuttavia il bollettino dell’esercito riferisce l’uccisione di esponenti dei gruppi jihadisti legati ad al-Qaeda, come il saudita Abu Torab Al-Najadi, numero uno dello “Stato Islamico nell’Iraq e nel Levante” (Isis) presso Raqqa, lo scorso 14 novembre.
Oggi è deceduto in un ospedale in Turchia, in seguito alle ferite riportate il “capo della brigata Liwa al-Tawhid, Abdel Qader Saleh, rimasto ferito insieme al capo dell’intelligence della milizia, Yussef al-Abbas” nei pressi di Aleppo. A riferirlo è stato il puntualissimo Osservatorio siriano per i diritti umani, che ha sede a Londra; i due miliziani erano stati colpiti da un raid aereo mentre viaggiavano a bordo di un’autovettura insieme a un altro leader della brigata, Abdelaziz Salameh, rimasto ferito.
Anche la brigata Liwa al-Tawhid, che conta circa 8mila combattenti e che è affiliata al “Fronte siriano islamico di liberazione” (Fisl), non riconosce il principale movimento siriano di opposizione, la Coalizione Nazionale: Liwa al-Tawhid è nato dalla fusione delle brigate Fursan al-Jabal, Daret Izza e Ahrar al-Shamal, tutte sostenute economicamente dal Qatar e composte per lo più da Fratelli Musulmani.
I quattro tronconi delle opposizioni armate siriane sono l’Esercito libero siriano (Els), composto da insorti e agli ordini di Salim Idriss: è forte di circa 80mila combattenti; il Fronte Islamico siriano (Fis), comandato da Abu Abdullah al Hamawi, finanziato dai paesi del Golfo Persico (in particolare dal Qatar) e forte di 25mila combattenti; il Fronte Islamico siriano di liberazione (Fisl), comandato da Ahmed Eissa al-Sheikh, con circa 35mila armati; i gruppi autonomi, legati alla jihad quando non ad al-Qaeda, anche se i due principali, Jabat al-Nusra e l’Isil (Stato libero dell’Iraq e del Levante) sono stanti sconfessati dall’erede di Bin Laden, al-Zawahiri.
Fra le principali brigate, oltre a Liwa al-Tawhid, che fa parte del Fisl e che vorrebbe introdurre una forma di governo islamica, pur rispettosa delle minoranze religiose, vi sono: la brigata Farouq, comandata da Osama Juneidi ed affiliata sia al Fisl che all’Els; il Movimento islamico Ahrar al-Sham, Abu Abdullah al-Hamawi, affiliato al Fis e con il proposito di creare uno stato islamico basato sulla sharia; la brigata dei Martiri della Siria, finanziata dai sauditi e guidata da Jamaal Maarouf; l’Unità di protezione popolare, che si rifà ai curdi del Pkk; la brigata dell’Islam, che è agli ordini di Zahran Alloush, che è affiliata sia al Fis che al Fisl, finanziata anch’essa dai sauditi.
Sempre più frequentemente i gruppi jihadisti si scontrano con le altre brigate, specialmente i combattenti dell’Els, ritenuto filo-occidentale, e con i curdi: solo pochi giorni fa sei miliziani del gruppo al-Hijra Ila Allah sono stati giustiziati dai qaedisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante, mentre lo scorso 13 ottobre ben cinquanta jihadisti sono stati uccisi dall’Esercito libero siriano.
Il 12 luglio alcuni guerriglieri dell’Isis hanno assassinato nei pressi di Laodicea (Lattakia) un alto comandante dell’Esercito libero siriano, Kamal Hamami; poco dopo a Qassem Saadeddine, portavoce dell’Els, è arrivata una telefonata in cui si è minacciata la morte “di tutti quelli del Consiglio supremo militare”.
Oltre che ad Aleppo, la battaglia fra l’esercito regolare e gli oppositori infuria presso la città costiera di al-Qalamoun, presso altre località attorno alla capitale, ad Homs ed a Idlib: il 16 novembre i militari hanno sequestrato tre camion carichi di armi e di munizioni presso un sobborgo di Damasco.
In questi giorni un importante risultato dell’esercito regolare è stata la riconquista della base Brigata 80, il nucleo logistico-militare che protegge l’aeroporto di Aleppo e che era caduto in mano agli insorti lo scorso febbraio: è stata strappata proprio alla brigata Liwa al-Tawhid , che la teneva con i combattenti qaedisti del Fronte al-Nusra e dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante.
L’avanzata dell’Esercito siriano consentirà ad al-Assad di sedersi con un peso maggiore al tavolo dell’ormai prossimo (si spera) “Ginevra 2”, la conferenza voluta dal ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e dall’omologo statunitense John Kerry, più volte procrastinata anche per l’indecisione degli insorti sulla partecipazione e data al momento per il 12 dicembre.
Sempre sul fronte diplomatico c’è da registrare oggi la presenza di una delegazione di Damasco guidata dal vice ministro degli Esteri Faisal Mekdad e dal consigliere presidenziale sulle Questioni politiche Bouthaina Shaaban, a Mosca proprio per discutere dei preparativi in vista della conferenza di pace “Ginevra 2”. Il Ministero degli Esteri russo ha reso noto che erano stati invitati anche i rappresentanti del Consiglio nazionale siriano, cosa confermata dall’esponente Mahmoud al-Hamza; tuttavia al momento non è dato sapere se tale partecipazione vi sia stata o meno.