Siria. Netanyahu chiede ai ministri il silenzio. Perché…

di Enrico Oliari –

Recentemente il viceministro degli Esteri israeliano, Zeev Elkin, aveva rilasciato una dichiarazione con la quale aveva auspicato l’intervento della Comunità internazionale a fianco degli insorti per prendere il controllo degli arsenali delle armi chimiche che, secondo Israele, sarebbero già state utilizzate dal regime contro gli avversari.
La Siria infatti è il paese al mondo con il maggior numero di armi chimiche, ma il loro utilizzo, confermato da Francia e da Gran Bretagna (che così venderebbero armi agli insorti), è stato smentito da più fonti.
Prontamente il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, ha bacchettato Elkin ed ha chiesto ai suoi ministri di evitare di esprimersi sulla guerra civile in corso in Siria ed in particolare sulla questione degli arsenali chimici in quel Paese.
Va ricordato che Israele dipende per l’energia dal Gasdotto arabico, il quale dalla città siriana di Homs scende lungo la Giordania fino ad Aqaba e quindi risale il Sinai, si congiunge a quello egiziano ed entra nel mare ad Arish, riaffiorando ad Ashkelon: un eventuale controllo delle risorse energetiche siriane da parte dei Fratelli Musulmani potrebbe, come già accaduto due inverni fa con l’Egitto, creare problemi proprio ad Israele; era successo infatti che i Fratelli Musulmani, saliti al potere in Egitto, avevano chiuso i rubinetti del gas in quanto Tel Aviv aveva lasciato al freddo la Striscia di Gaza. Inoltre rimane aperta la questione delle alture del Golan, sottratte alla Siria in occasione della Guerra dei Sei giorni ed importante riserva di acqua, in realtà reclamate “tiepidamente” dagli al-Assad.