Siria. Nuova strage a Treimsa, fra 150 e 200 i morti. Scambio di accuse fra regime e insorti

di Enrico Oliari –

E’ di oltre 150, ma vi è chi si spinge fino a 200, il numero dei morti rinvenuti nel villaggio siriano di Treimsa, nella provincia di Hama, il più grave dopo l’eccidio di Hula, in cui persero la vita 108 persone, fra le quali diversi bambini.
Rami Abdel Rahman, presidente dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, ha fatto sapere di ”considerare Bashar al-Assad il primo responsabile di questo massacro”, mentre Abu Mohamad, uno dei leader della rivoluzione, ha spiegato che il villaggio è stato spazzato via da bombe da mortaio e da carri armati; da più parti si parla anche di intervento di elicotteri da guerra e di bombe a grappolo.
Con un comunicato caustico i Fratelli Musulmani siriani hanno accusato l’inviato di Onu e Lega Araba, Kofi Annan, Mosca e Teheran di essere responsabili, insieme al regime siriano, della strage: ”Non riteniamo il mostro Bashar al-Assad il solo responsabile di questo grave crimine – si legge nella dichiarazione -, lo sono anche Kofi Annan, i russi e gli iraniani e tutti i Paesi che pretendono di essere i guardiani della pace e della stabilità nel mondo e, invece, restano in silenzio”.
Di diversa opinione, ovviamente, è il regime siriano, il quale ha fatto sapere attraverso l’agenzia ufficiale Sana che “I media assetati di sangue, in cooperazione con i gruppi terroristici armati, hanno commesso un massacro contro gli abitanti del villaggio di Treimsa, nella regione di Hama, per tentare di mobilitare l’opinione pubblica contro la Siria e il suo popolo, e provocare un intervento straniero alla vigilia del Consiglio di Sicurezza”.
“E’ stata la popolazione del villaggio di Tremseh a chiedere l’intervento dell’esercito per la presenza di terroristi nel loro villaggio”, ha affermato una fonte governativa attraverso la tv satellitare ‘al-Maiadin’. “Dopo l’arrivo dei militari – ha continuato – ci sono stati nel villaggio violenti scontri a fuoco che hanno provocato la morte di decine di miliziani, sono state sequestrate anche molte armi e tre militari dell’esercito sono morti, mentre altri sono rimasti feriti. Tra le armi sequestrate ci sono alcune di fabbricazione americana e israeliana. Abbiamo anche arrestato 40 miliziani, alcuni dei quali avevano aperto il fuoco con forza contro la popolazione locale”.
La situazione in Siria rimane in stallo anche per la presenza a Tartus di diverse navi da guerra, impianti missilistici, mezzi e battaglioni russi: Mosca non intende mollare la presa sull’unica zona di influenza rimastale dopo che tutti i paesi mediorientali, dall’Egitto al Kirghizistan, ospitano ormai basi statunitensi; contestualmente Israele sarebbe il primo ad essere danneggiato dalla caduta del regime di al-Assad, sia per il gas che scorre lungo il Gasdotto arabico ed arriva, dopo aver attraversato la Giordania e l’Egitto, ad Ashkelon, sia per l’annosa questione delle alture del Golan.
Nessuno ha quindi interesse ad un intervento diretto in Siria sul modello libico e, siano i soldati del regime i responsabili, siano i rivoltosi, siano, come si dice ormai da più parti, le milizie infiltrate di al-Qaeda (che sono le prime ad avere interesse a mettere gli uni contro gli altri), a pagare sono sempre i più deboli, ovvero la popolazione inerme.