Sloveni chiamati nuovamente alle urne. E dal caos emerge Miro Cerar

di Valentino De Bernardis

cerar miroIl 13 luglio gli occhi di tutto il mondo saranno puntati su Rio de Janeiro per la finale dei Campionati del mondo di calcio, ma quella che si disputerà in Brasile non sarà l’unica partita importante di quella data. Gli occhi di politici ed economisti saranno rivolti alla Slovenia, che per la seconda volta è chiamata alle elezioni anticipate (quella precedente si era tenuta il 4 dicembre 2011). I due protagonisti dell’ultima campagna elettorale, Zoran Jankovic e Janez Jansa, sono lontani dai fasti di soli due anni e mezzo fa.
Jankovic, attuale sindaco di Lubiana, ha dato vita il 25 aprile ad un clamoroso suicidio politico durante il congresso del suo partito Slovenia Positiva (Pozitivna Slovenija, PS), in occasione dell’elezione del presidente: l’affermazione della corrente di Jankovic contro quella guidata dal Primo ministro in carica Alenka Bratusek (338 voti contro 422), può ben definirsi un’annunciata vittoria di Pirro. Il voto congressuale ha portato infatti in dote non solo una spaccatura insanabile nel PS, ma anche ad una rottura con gli altri partiti che facevano parte della coalizione di governo: Lista Civica Gregor Virant (Državljanska lista Gregorja Viranta, LGV), Social-democratici (Socialni demokrati, SD) e il Partito dei Pensionati (Demokratična stranka upokojencev Slovenije, DeSUS). Dando seguito alle dichiarazioni pre-congressuali, per cui un ritorno di Jankovic alla presidenza dei PS avrebbe voluto significare la fine della loro esperienza governativa, i tre partiti hanno condiviso la decisione della Bratusek di rimettere il mandato nelle mani del presidente della Repubblica. L’azzardo politico di Jankovic sarà prevedibilmente pagato anche nei seggi, provocando un’emorragia di consensi dal 28,51% del 2011 al 3,2% degli ultimi sondaggi con il rischio concreto di non eleggere neppure un deputato.
Di carattere opposto le vicissitudini politiche del leader del centrodestra Jansa. Sebbene vincitore delle ultime elezioni europee 25 maggio, il Partito Democratico Sloveno (Slovenska demokratska stranka SDS) non dovrebbe riuscire ad ottenere la maggioranza dei seggi nell’Assemblea Nazionale. Il partito SDS ha provveduto ad esacerbare i toni di una campagna elettorale tendenzialmente piatta dopo il 20 giugno, quando è diventata esecutiva la sentenza di condanna dello stesso Jansa a due anni di prigione per corruzione. Supportando ciecamente il suo leader, l’establishment del partito lo ha accompagnato a costituirsi al carcere di Dob, trasformando il fatto in un evento mediatico-politico, con tanto di comizi, e preghiere di gruppo, invocando a più riprese il tema di una giustizia ad orologeria. Un’elezione di Jansa al Parlamento (evento alquanto certo) potrebbe aprire le porte ad un futuro scontro istituzionale, dal quale SDS non pare volersi tirare indietro. Il desiderio della popolazione slovena di affidarsi ad una faccia nuova, estranea alle vicende politiche degli ultimi anni, sta dirottando i voti sul costituzionalista Miro Cerar, e sul suo Partito di Miro Cerar (Stranka Mira Cerarja, SMC) fondato poco più di un mese fa (2 giugno). Figlio di Zdenka Cerar, già ex vicepresidente del Partito liberal-democratico (Liberalna demokracija Slovenije, LDS), era giunto sulle prime pagine dei giornali nel febbraio 2013, quando il suo nome era stato accostato ad un possibile governo di scopo per superare la crisi economica che rischiava di fare della Slovenia una prossima Cipro. Il credito che Cerar può spendersi in campagna elettorale è quello di poter presentarsi come una persona nuova nell’agone politico; non è un caso il totale rifiuto ad una qualsiasi alleanza pre-elettorale, evitando ogni possibile affiliazione con i partititi di centrodestra e di centrosinistra. Cosi facendo è riuscito ad intercettare i voti non solo di una base elettorale trasversale, ma anche dei delusi della politica, e c’è da credere che possa facilmente diventare il primo partito in Parlamento. Gli ultimi sondaggi del 3 luglio attestano SMC attorno al 38,5% delle preferenze, una proiezione che sembrerebbe alquanto ottimista, mentre un possibile risultato compreso tra il 30-35% appare più realistica.
slovenia elezioni fuoriLontano dalla maggioranza assoluta dei voti, il giorno dopo le elezioni Cerar dovrà forzatamente cercare i voti necessari negli altri schieramenti politici. I naturali interlocutori del SMC rimangono due partiti della vecchia coalizione di governo, SD e DeSUS, a cui si potrebbe aggiungere il partito dell’ex premier Alleanza per Alenka Bratusek (Zavezništvo Alenke Bratušek; ZaAB) nato dalla diaspora da PS, qualora riuscisse a superare la fatidica soglia del 4%.
Una componente fondamentale per la formazione del prossimo esecutivo è determinata senza dubbio dall’affluenza alle urne. Sebbene le elezioni europee non siano un termine di paragone adatto per delle elezioni politiche, la vicinanza tra i due eventi (25 maggio e 13 luglio), nonché il fatto che si vada a votare in estate (evento alquanto raro nelle democrazie europee), ci può aiutare a fare qualche considerazioni. Una bassa affluenza rappresenta un indubbio vantaggio per il SDS, un partito fortemente presente sul territorio, con militanti uniti dall’idea che il loro leader sia vittima di una persecuzione politica, nell’ambito di una dialettica populista artatamente costruita dal partito (noi vittime contro loro i carnefici, noi simbolo della giustizia e loro simbolo dell’ingiustizia) che andranno certamente in massa alle urne. Macchina organizzativa che certamente non è nelle frecce del SMC. Sebbene i sondaggi sottolineino una preferenza della popolazione per Cerar, tradurre le intenzioni di voto in voti concreti è uno degli aspetti più difficili per un partito neocostituito. Riuscire a riaccendere l’interesse per la politica negli sloveni, sarà certamente la prima sfida che Cerar dovrà affrontare, nella sua scalata alla nomina di primo ministro.