Spazio. Satellite inutilizzato si schianterà sulla Luna

di C. Alessandro Mauceri

Tra Sanremo e beghe all’interno di alcuni dei partiti della maggioranza, la notizia è passata in secondo piano: il 4 marzo uno stadio del razzo Falcon 9 passerà per l’ultima volta alla minima distanza dal nostro pianeta per poi schiantarsi sulla Luna.
Secondo l’astrofisico Gianluca Masi, l’impatto di questo “detrito spaziale”, che ha una dimensione di circa 12 metri e pesa quattro tonnellate, dovrebbe avvenire il 4 marzo alle 13.25 ora italiana e dovrebbe generare un cratere visibile nelle immagini della sonda Lunar Reconnaissance Orbiter della Nasa.
Il problema degli oggetti artificiali in orbita intorno alla Terra sta diventando ogni giorno che passa sempre più rilevante. Dal 1957, anno del lancio dello Sputnik russo, ad oggi sarebbero migliaia i pezzi di spazzatura che ruotano incontrollati intorno al nostro pianeta. Stando ai dati del Union of concerned scientist satellite database, in questo momento i satelliti attivi in orbita sarebbero (il condizionale è d’obbligo visto molti di questi sono militari e quindi segreti) più di 2.600. Di questi oltre 1.300 sono stati spediti dagli americani, 356 dai cinesi e 177 fanno parte di progetti internazionali). I satelliti artificiali si possono suddividere in scientifici, destinati alla ricerca pura nel campo dell’astronomia o della geofisica, destinati a scopi militari o ad usi commerciali civili. Circa la metà dei satelliti che ruotano intorno alla Terra fanno parte di quest’ultimo gruppo. Molte le funzioni che sono chiamati a svolgere: dalle telecomunicazioni alla meteorologia fino alla telefonia satellitare e alla navigazione. Al termine della loro “vita utile”, ovvero quando questi satelliti esauriscono la propria autonomia o diventano obsoleti, vengono semplicemente abbandonati. È a questo punto che diventano un problema: non sono stati infrequenti i casi di detriti o pezzi di questi satelliti che si sono trovati sulla rotta di satelliti attivi col rischio di causare danni per miliardi di dollari. Le “situazioni di allerta” per i satelliti che incrociano le traiettorie dei detriti stanno diventando sempre più frequenti. E non sempre è possibile manovrare i satelliti per evitare il pericolo.
Per far fronte a questo problema, da alcuni anni i ricercatori hanno cercato di trovare una soluzione per evitare o ridurre gli scontri. In teoria esisterebbero già delle regole, come la regolamentazione statunitense redatta dalla FCC, Federal Communication Commission, la U.S. Government Orbital Debris Mitigation Standard Practices (ODMSP) e la stesura europea della IADC, Inter-Agency Space Debris Coordination Committee, o la Space Debris Mitigation Guidelines. In ambito ONU, nel 2018 il Comitato per l’utilizzo pacifico dello spazio esterno COPUOS (Committee on the Peaceful Uses of Outer Space) emanò una serie di linee guida con l’obbiettivo di ridurre i rischi relativi allo sfruttamento dell’ambiente spaziale. Accordi che convergono su alcuni aspetti: il controllo e la riduzione al minimo dei detriti rilasciati durante le operazioni di lancio e mantenimento dell’orbita; la riduzione al minimo dei detriti generati da eventuali esplosioni accidentali; una configurazione ottimizzata per ridurre al minimo il rischio di collisioni accidentali; procedure e tecnologie per lo smaltimento e la messa in sicurezza di strutture e mezzi in orbita.
Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare: un mare di detriti che nessuno controlla e dei quali non sembra importare a nessuno. A meno fino a quando non finiscono contro uno dei satelliti attivi in orbita intorno alla Terra.
Per questo un gruppo di ricercatori dell’Università di La Rioja, in Spagna, ha proposto un metodo per eliminare almeno i detriti spaziali che si trovano sulle orbite fortemente ellittiche (Highly Elliptical Orbit, HEO) facendoli rientrare e disintegrare in atmosfera calcolando il momento più opportuno, anche a distanza di decine di anni dall’inizio della loro missione. Il primo banco di prova dovrebbe essere il “satellite Integral” che dovrebbe “rientrare in atmosfera e disintegrarsi, tra il settembre del 2028 e il luglio 2029, in modo controllato e a un costo ridotto dall’amplificazione degli effetti gravitazionali naturali”.
Altri hanno pensato ad una sorta di spazzini dello spazio, come il satellite del progetto RemoveDEBRIS, lanciato nel 2018 per intrappolare eventuali resti in orbita nello spazio grazie al lancio di una rete o utilizzando un arpione. C’è chi ha pensato di dotare il satellite di un sistema che, a fine vita operativa, dispieghi un nastro elettricamente conduttivo: interagendo con l’ambiente spaziale questo nastro si caricherebbe elettricamente, attirando le particelle ionizzate che rallentando il satellite e dovrebbero accelerare il decadimento orbitale: la prima prova è stata fatta sul cubesat Prox-1, dotato di un nastro di 70 metri che è stato letteralmente srotolato fuori a fine missione. Tante le idee proposte, alcune già messe in opera in via sperimentale.
Nessuno finora aveva pensato di scaricare questi rifiuti spaziali sulla Luna. Un’idea obsoleta e discutibile che potrebbe far diventare il nostro satellite una discarica per rifiuti provenienti dallo spazio. Per fortuna c’è stato anche chi ha pensato di riciclare i satelliti usati.