Sud Sudan. Siglata la pace tra Governo e ribelli; apertura di corridoi umanitari

di Giacomo Dolzani –

sud_sudan_paceNonostante le speranze di successo fossero quasi nulle, nel vertice tenutosi ad Addis Abeba è stata siglata una tregua tra il governo sudsudanese di Salva Kiir ed i ribelli alla guida dell’ex vicepresidente Riek Machar, con l’obbiettivo di porre fine ai combattimenti che da ormai cinque mesi stanno insanguinando il giovane paese africano.
Nonostante accordi di questo tipo siano spesso stati visti andare in fumo, anche soltanto dopo pochi giorni, la speranza della comunità internazionale in una relativa stabilizzazione del paese non sembra più un’utopia: il segretario di Stato Usa, John Kerry, ha infatti espresso tutta la sua soddisfazione in un comunicato, affermando che questa intesa “potrebbe essere una svolta per il futuro del Sud Sudan”; nel trattato infatti entrambe le parti accettano di cessare i combattimenti entro 24 ore e acconsentono alla creazione di corridoi umanitari, necessari al personale delle Nazioni Unite ed agli attivisti delle molte organizzazioni non governative che operano nel paese per portare gli aiuti necessari al sostentamento della popolazione.
A dare la notizia è Seyoum Mesfin, mediatore designato dall’Igad (Intergovernmental Authority on Development), l’organizzazione per lo sviluppo dei paesi del Corno d’Africa, dicendosi (forse troppo) sicuro che verrà raggiunta la pace.
In seguito ad un rimpasto di governo voluto da Salva Kiir, trasformatosi poi in un’epurazione ai danni dei suoi avversari politici, il vicepresidente Riek Machar venne destituito il 23 luglio 2013 dalla sua carica; si generò quindi un clima di scontro, dominato da reciproche accuse di autoritarismo, sfociato, la notte del 15 dicembre, in un tentativo di golpe guidato dallo stesso Machar, ex generale, il quale alla guida dei comparti dell’esercito a lui fedeli attaccò caserme e diversi punti strategici di Juba, venendo però sconfitto dalle truppe fedeli al governo.
Il conflitto non si è però fermato, bensì si è esteso a tutto il territorio nazionale, soprattutto negli stati settentrionali, dove sono situati i principali distretti petroliferi. Gli introiti derivanti dall’esportazione del greggio rappresentano infatti il 98% delle entrate del Sud Sudan, per cui controllare i pozzi significa tenere in mano l’intera economia del paese.
Lo scoppiare del conflitto ha però fatto riemergere anche le latenti tensioni fra le diverse etnie, identificatesi poi con i rispettivi leader in lotta, i Nuer di Machar ed i Dinka di Kiir, trasformando una guerra nata per ragioni politiche in un conflitto etnico e portando, di conseguenza, ai massacri che hanno smosso l’opinione pubblica internazionale.
La conseguenza peggiore di questa guerra civile sono stati, come spesso accade, gli effetti che ha avuto sulle condizioni della popolazione civile: la situazione già disperata in fatto di disponibilità di cibo e medicinali è stata infatti enormemente aggravata dalla distruzione di gran parte delle coltivazioni, causando la decimazione del raccolto dei cereali, cosa che secondo la Fao per la seconda metà di quest’anno rischia di causare una carestia che coinvolgerebbe 5 milioni di persone.
Nel caso dovesse reggere, questa tregua rappresenterebbe quindi una piccola speranza di riuscire a scongiurare l’ennesima catastrofe umanitaria.