Ue. Migranti: Avramopoulos, ‘l’Italia va aiutata’. Ma è un disco rotto, Roma pronta a chiudere i porti

di Enrico Oliari

“L’Italia ha ragione quando afferma che la situazione riguardo ai flussi sulla rotta del Mediterraneo centrale è insostenibile, e gli stessi leader dei Ventotto lo hanno detto chiaramente venerdì scorso al Consiglio europeo”. D’altro canto “La Commissione ha sempre sostenuto l’Italia nella sua gestione esemplare della crisi dei rifugiati, e continuerà a farlo. Siamo pronti a fare di più, e in particolare ad aumentare sostanzialmente il nostro supporto finanziario all’Italia se sarà necessario”. Parole trite e ritrite quelle del commissario europeo agli Affari Interni e Immigrazione, Dimitris Avramopoulos, un disco rotto per gli italiani che in questi anni hanno accolto centinaia di migliaia di migranti con un’Europa, quella dei singoli paesi, che ha dato i finanziamenti ma che si è girata dall’altra parte, che si è opposta persino al ricollocamento di poche decine di individui. Il trattato di Dublino prevede che il migrante, sia esso profugo, emigrato economico o altro, sia gestito nel paese dove arriva perlomeno fino al termine delle procedure di attribuzione del suo status, ma 20mila sbarchi in 4 giorni sono troppi, una situazione insostenibile.
Avramopoulos ha ascoltato la posizione dell’Italia dall’ambasciatore preso l’Ue Maurizio Massari, espressa ieri dal governo italiano e ribadita dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in visita in Canada: “I Paesi Ue la smettano di girare la faccia dall’altra parte, perché questo non è più sostenibile. Possiamo parlare delle soluzioni, delle preoccupazioni, ma voglio ricordare che c’è un Paese intero che si sta mobilitando per gestire questa emergenza, per governare i flussi, per contrastare i trafficanti”. “Se il fenomeno dei flussi dovesse continuare con questi numeri, la situazione diventerebbe ingestibile anche per un Paese grande e aperto come il nostro”. “La situazione – ha detto Massari ad Avramopoulos – rischia di avere un serio impatto “sulla vita socio-politica del paese”.
Tuttavia, se da parte dell’Ue non vi sarà un concreto segnale di collaborazione, il governo si è detto pronto a chiudere i porti italiani alle navi straniere, anche a quelle umanitarie e forse delle missioni Frontex e Eunavformed, per quanto ancora non è stata indicata una data. Da Bruxelles si è già fatto sapere che “le missioni europee non sono in discussuone, ma l’ordine per la Guardia costiera è pronto, esistono anche i porti di Malta e della Tunisia. Sarà da vedere chi la spunterà.
Le navi delle Ong, quelle che vanno a prendere i migranti nelle acque libiche accordandosi con i trafficanti, in Tunisia non ci vanno, perché parlano di “porti non sicuri”, quindi non idonei ai salvataggi, come prevede la legge del mare. In realtà ogni giorno in quei “porti non sicuri” arrivano navi da tutto il mondo, anche dai porti di Genova, Palermo e Civitavecchia, con merci, lavoratori e turisti.
La verità è quindi che si è creato un circolo vizioso, dove il migrante rappresenta una risorsa economica non indifferente, una merce da sfruttare per far soldi, da quando parte a quando arriva. E se a sud si arricchiscono i trafficanti e vengono finanziate guerre e guerriglie, in Italia quei 35 euro al giorno, 12mila euro all’anno per migrante, a qualcuno fanno comodo, un giro di affari che si chiama “accoglienza”, e che incentiva di continuo nuove partenze.
Certo, è necessario lavorare su ciò che spinge il migrante a vendere tutto e a rischiare la vita per arrivare in Europa, ci sono le guerre, il fenomeno del land grabbing (esproprio della terra per le multinazionali, in particolare cinesi), le carestie. Aspetti su cui si può lavorare, ma per i quali fino ad oggi si è fatto poco o nulla.
Intanto in queste ore sono attese in Italia altre 5mila persone, e il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani ha detto al capo della Commissione Juncker che “Dall’Italia arriva un grido d’allarme, un sos, non una richiesta di soldi: non possiamo lasciarla sola. E’ stato un colloquio positivo in cui ha ribadito che l’Ue non può voltare le spalle all’Italia. Ma qui siamo ancora al disco rotto.