Uruguay. Gravi problemi di siccità, ma per molti ‘es saqueo y no sequia’

‘E’ saccheggio, non siccità’.

di Paolo Menchi

Nelle ultime settimane ha avuto molto spazio nei giornali e nelle televisioni, soprattutto sudamericane, il problema della siccità in Uruguay, presentata come una calamità estrema che ha lasciato senza acqua potabile persino la capitale Montevideo.
La cosa sembra piuttosto strana, se si pensa che l’Uruguay è sempre stato considerato un paese ricco di acqua grazie ai suoi numerosi corsi fluviali, ma soprattutto perché l’Uruguay, così come Brasile, Paraguay e Argentina, sono sopra la falda acquifera del Guaranì, la terza più grande del mondo.
Per quanto possiamo incolpare anche le scarse piogge non è giustificabile la situazione creatasi in Uruguay che ha colpito in particolare Montevideo e il sud del paese, e che ha costretto il governo a dichiarare lo stato di emergenza e a prendere provvedimenti drastici come la detassazione dell’acqua imbottigliata, mentre la società pubblica che gestisce la somministrazione idrica ha chiesto ripetutamente al governo di utilizzare, oltre alla solita diga che fornisce Montevideo, anche una diga vicina al Rio de la Plata, mischiando le acque.
Il problema è che ne verrebbe un’acqua solo legalmente bevibile perché molto salinizzata, visto che la nuova diga acquisisce anche acqua salata dell’oceano, che la renderebbe pericolosa da bere soprattutto per i malati di reni, di cuore e per le donne in gravidanza.
Lo slogan di protesta che ha iniziato a girare in Uruguay è “es saqueo y no es sequia” (Saccheggio non siccità), incolpando le politiche attuate dagli ultimi governi (sia di destra che di sinistra) che hanno svenduto una risorsa così importante alle multinazionali.
E’ evidente che le quattro grandi compagnie di acqua in bottiglia (tra le quali una della Danone e una della Coca Cola) hanno aumentato l’estrazione e le vendite perché non hanno subito razionamenti, ma soprattutto il problema riguarda l’uso smisurato di acqua potabile che fanno le industrie della cellulosa e della soia, per esempio.
In particolare la multinazionale finlandese UPM, che produce pasta di cellulosa, viene indicata come una delle principali cause del problema, soprattutto dopo che è riuscita ad aprire un secondo stabilimento che utilizza giornalmente 136 milioni di litri di acqua potabile senza nemmeno pagarla. Circa dieci anni fa, poco dopo la contestata apertura del primo impianto, gli ambientalisti erano riusciti a portare la UPM di fronte alla Corte internazionale di Giustizia, che però aveva assolto l’azienda non ritenendola colpevole del maggior inquinamento del fiume Uruguay.
Queste operazioni sono sempre state presentate con enfasi, mettendo in evidenza l’investimento straniero che porta posti di lavoro e ricchezza, ma nessuno ha mai detto che ne avrebbe sofferto la popolazione, che per due terzi non ha accesso all’acqua potabile nonostante l’Uruguay sia stato il primo paese al mondo a riconoscerlo come diritto fondamentale.
Oltretutto l’impresa pubblica che gestisce le risorse idriche negli ultimi anni ha dovuto subire molti tagli per cui non riesce più a gestire bene gli impianti e molta acqua viene sprecata a causa di tubature fatiscenti.
E il processo di privatizzazione dell’acqua continua con altri progetti multimilionari, come “il Nettuno”, con il quale un consorzio di imprese private produrrà acqua potabile prelevandola dal Rio de la Plata per rifornire Montevideo, o il progetto Tambores, una fabbrica di idrogeno verde sopra la falda acquifera del Guaranì che ha alle spalle un’azienda tedesca che vuole esportare l’idrogeno verde in Europa, o un grande data center di Google che consumerà milioni di litri di acqua per raffreddare gli impianti.
Proprio per contrastare questa svendita delle risorse del paese sono nati movimenti che cominciano ad avere un certo seguito.
In particolare “Idendidad Soberana” sta raccogliendo forti consensi e presenterà un candidato alle elezioni presidenziali del prossimo anno per combattere il modo di fare politica attuato fino ad ora, con lo slogan “non siamo né di destra né di sinistra, veniamo dal basso per andare in alto”
La parola “soberana” non deve far pensare alla parola “sovranista” come è concepita in Europa, ma è da intendere solo come riappropriazione delle risorse dell’Uruguay.