Usa. Quando è lo Stato a torturare i prigionieri

C. Alessandro Mauceri –

guantanamoNel 1984 le Nazioni Unite sentirono l’”esigenza” di dotarsi di un accordo internazionale che riguardasse il rispetto dei diritti umani, già ritenuti inalienabili. Sono passati ormai trent’anni, ma la situazione non pare essere migliorata, anzi. E anche tra le nazioni ritenute le più “civilizzate” e rispettose dei diritti umani, spesso vengono perpetrati abusi di ogni sorta.
L’articolo 1 della Convenzione definiva ‘tortura’ ogni “azione con la quale viene inflitta intenzionalmente una grave sofferenza o dolore, sia fisica che mentale, con lo scopo di ottenere dal soggetto o da terze persone informazioni o confessioni, di punirlo per un atto che egli o una terza persona ha commesso o è sospettato di aver commesso, o di intimidire il soggetto o una terza persona, o per alcun motivo basato su una discriminazione di qualsiasi genere, quando il dolore o la sofferenza sono inflitti da o per l’istigazione o con il consenso o l’acquiescenza di un pubblico ufficiale o altre persone che agiscano con capacità ufficiali”.
Il problema era già tornato in primo piano in seguito all’estesa campagna contro il terrorismo intrapresa dagli Stati Uniti dopo gli attacchi del 11 Settembre 2001. Venne fuori che gli USA nascondendosi dietro la scusa (peraltro alquanto leggera) della psicosi del terrorismo aveva fatto e continuava a fare ricorso a qualsiasi mezzo, legale e non, per raggiungere i propri obiettivi. E non solo sul proprio territorio: in ogni parte del mondo. Il tutto venendo meno a tutti i principi base del diritto nazionale e internazionale e coinvolgendo Stati che, volenti o nolenti erano messi a disposizione della macchina da guerra americana.
Fu anche per questo che Obama, ricandidandosi alla presidenza degli USA promise che avrebbe posto fine a questa pratica e che avrebbe chiuso Guantanamo, il più famoso di questi centri di detenzione e tortura.
Sono passati alcuni anni, Obama è stato rieletto, ma pare proprio essersi dimenticato della sua promessa.
Secondo un report prodotto in questi giorni dalla Open Society Foundations, sono almeno 54 i Paesi che si sono resi complici degli abusi e delle torture con le quali gli agenti della CIA cercano di estorcere informazioni a terroristi e presunti tali. In questi Paesi l’”Agenzia” dispone di luoghi di detenzione, detti “siti neri”. È qui che gli USA utilizzano “sofisticati metodi di interrogatorio”e nuovi, raffinati, metodi di tortura.
Il tutto in palese violazione dei diritti umani riconosciuti internazionalmente. Gli stessi diritti che sono serviti agli USA per dichiarare guerra a Paesi in mezzo mondo (dall’Afganistan, all’Iraq alla Libia, alla Siria, alla Corea del Nord e, ultimo ma non ultimo, alla Crimea).
Nessuno dei 54 Stati coinvolti ha pensato che fosse giusto rispettare i diritti di queste persone spesso detenute senza nemmeno dire perché fossero detenute o condurre indagini sui metodi adoperati. Nessuno ha detto che anche queste persone hanno dei diritti che vanno rispettati. Tanto più che molte volte il trattamento riservato loro è al di sopra di ogni immaginazione. Giusto per capire le dimensioni del problema basti pensare che, solo a Guantanamo, sono stati detenuti circa ottocento detenuti, di questi poco più di una decina sono stati processati e meno della metà di questi condannati. Tutti gli altri sono tuttora detenuti e molti di loro senza nemmeno sapere perché dato che fino ad ora non è stata formalizzata nessuna accusa. Secondo il Washington Post e l’organizzazione statunitense Human Rights Watch (che ha pubblicato uno sconvolgente rapporto dal titolo “Torturare e farla franca”), la Cia avrebbe disporrebbe di una rete di carceri segrete in giro per il mondo, alcune delle quali in Europa. «Le nostre informazioni – dichiara Jean-Paul Marthoz, portavoce di HRW – indicano che la Polonia e la Romania sono i paesi che hanno ricevuto prigionieri della Cia», ma non si escludono installazioni anche in altri paesi dell’est Europa. Altre si troverebbero in Asia e in Medio Oriente.
Dei black sites si è tornato a parlare solo grazie alla pubblicazione da parte del quotidiano “The Washington Post”, di un rapporto in 6.300 pagine stilato dalla commissione Servizi Segreti del Senato federale, ufficialmente top secret.
In questo rapporto si parlerebbe anche delle tecniche adottate dai “paladini dei diritti umani” statunitensi. Tecniche come costringere i detenuti a rimanere a lungo immersi in vasconi colmi di acqua ghiacciata oppure il ben più noto waterboarding, l’annegamento controllato (che prevede di riversare acqua nelle vie respiratorie del recluso). Questi moderni sistemi di tortura, perché di questo si tratta in definitiva e nient’altro, sono spesso eufemisticamente definiti «tecniche rafforzate d’interrogatorio» sarebbero, in qualche caso ed entro certi limiti, ufficialmente approvati dal Pentagono. Il problema potrebbe sembrare un mero cavillo legale, ma non è così. Fino a che punto enti come la Cia sono autorizzati a ricorrere ad autentiche torture? È sufficiente dire che “informazioni cruciali” non si potrebbero raccogliere altrimenti, per autorizzare di fatto la tortura di altri esseri umani?
Secondo quanto riportato in un recente articolo de IlSole24ore, la Ciaavrebbe informato del proprio “modus operandi” “tanto il Ministero della Giustizia quanto lo stesso Congresso, come in grado di procurare informazioni uniche e non altrimenti ottenibili”. Tesi peraltro smentita da un’analisi approfondita della tempistica delle operazioni della Cia e delle informazioni ricevute con le “tecniche rafforzate”.
Nel 2009 Obama promise di chiudere i black sites, ma da allora pare che poco o nulla sia cambiato né per quanto riguarda questi luoghi di detenzione né per quanto riguarda le “tecniche rafforzate” adottate. La verità è che, come sempre, le promesse fatte durante le elezioni sono poi rimaste solo parole al vento. Così è stato per Guantanamo e per gli altri centri di tortura degli Stati Uniti
Lo scorso anno, Rob Freer, di Amnesty International, ha detto: “La pretesa del governo di Washington di essere il paladino dei diritti umani non è compatibile con l’apertura del carcere di Guantanamo, le commissioni militari, l’assenza di assunzione di responsabilità e la mancanza di rimedi per le violazioni dei diritti umani commesse da funzionari statunitensi, tra cui la tortura e le sparizioni forzate che costituiscono crimini di diritto internazionale”. E ha continuato “Ciò di cui c’è ora bisogno è il riconoscimento e l’applicazione, da parte delle autorità nordamericane, dei principi internazionali sui diritti umani. Questo significa l’obbligo di abbandonare le commissioni militari in favore di processi equi in tribunali ordinari e civili, rilasciare i detenuti che gli Stati Uniti non hanno intenzione di processare, accertare pienamente le responsabilità e fornire accesso a forme di rimedio giudiziario per tutte le violazioni dei diritti umani”.
È passato un anno e pare che l’appello di Amnesty International essere caduto nel vuoto. Pochi giorni fa Gianni Rufini, direttore generale di Amnesty International Italia, ha presentato un invito al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, perché negli incontri del G8 del 27 Marzo ponesse una serie di domande al presidente degli Usa, Barack Obama. Domande che avrebbero dovuto riguardare, tra l’altro, i centri di detenzione come Guantanamo e i diritti dei detenuti.
Purtroppo i risultati sono stati gli stessi di un anno fa.
Il vero problema forse è che oggi alcuni Paesi arrivano a considerare “eticamente accettabile” che una superpotenza utilizzi, e non da ora ma da decenni, ogni mezzo per sovvertire il sistema politico di un altro Paese o per raggiungere certi obiettivi di conquista economica. E anche quando ciò non viene visto come “politically correct” spesso si pensa che basti voltarsi dall’altra parte e far finta di non vedere, nascondendosi dietro una maschera di omertà e di garanti della “sovranità nazionale”.
Così si potrà continuare con il MUOS in Sicilia, continuare a combattere su e giù per il mondo (celando vere e proprie guerre come “missioni di pace” – Obama, che pure aveva promesso di finire le guerre cominciate dai Bush, oggi continua a inviare truppe su più fronti di tutti i suoi predecessori), continuare a sottoscrivere leggi e accordi internazionali perla pace nel mondo e per il rispetto dei diritti umani che poi ci si guarderà bene da rispettare, continuare a imporre le proprie scelte a popoli diversi, continuare a dislocare eserciti in molti Paesi ….
E quand’anche qualche informazione riuscisse a trapelare, basterà continuare a negare, negare tutto e sempre…
Alla fine la gente ci crederà, non se ne parlerà più … e si potrà continuare a fare ciò che si vuole ….