Venezuela. Tra offshore e salari da fame

di Francesco Giappichini

Quest’anno la crescita dell’economia venezuelana avrebbe potuto sfiorare la doppia cifra. Se il governo Maduro prevedeva un incremento del Pil (prodotto interno lordo) dell’otto per cento, l’organizzazione Ecoanalytics si spingeva sino a un mirabolante 9,7. Tuttavia l’imposizione di nuove sanzioni da parte degli Stati Uniti, causa l’interdizione della candidata Maria Corina Machado, ha stravolto le previsioni. Così ora Ecoanalytics pronostica un meno roboante 4,4%, e altri istituti indicano un tasso vicino al due per cento. Per conoscere l’atmosfera economica del Venezuela, abbiamo sentito l’avvocato italiano Giovanni Caporaso Gottlieb, di professione pianificatore fiscale; che secondo il giornalista di Avvenire, Nello Scavo, è «uno dei principali nemici del Fisco italiano», mentre per Vanity fair è «il guru italiano dell’offshore».
Questi è il titolare dello studio legale Caporaso & partners law office, specializzato in società offshore e paradisi fiscali; che ha sì sede in Panama, ma poggia su un back office localizzato nell’Isola Margarita. Caporaso, autore di una “Guida per investire in Venezuela”, finisce spesso sotto i riflettori dei media. L’ultima volta è stato citato per via del caso Panama papers, specie per la morbosa ricerca dei clienti italiani dello studio Mossack Fonseca.

– Ha dichiarato che uno dei back office del suo studio legale si trova in Venezuela. Comincerei così dalla domanda più scontata: come si vive con un’inflazione pari al 121% annuo?
«Bene, se si guadagna in euro. Tuttavia secondo l’Observatorio venezolano de finanzas, un organismo indipendente, il tasso per l’anno in corso arriverebbe addirittura al 176 per cento. Direi che sorgono problemi solo investendo in bolívar, la moneta a corso legale. L’economia è, infatti, quasi del tutto dolarizada: i prezzi vengono fissati in dollari e i pagamenti si effettuano secondo il tasso di cambio giornaliero. Così chi è in possesso di valuta forte non avrà problemi, e quando è necessario cambierà i dollari (preferibili) o gli euro».

– Cominciando dalle basi, come spiegherebbe a un lettore italiano la dolarización tipica del Paese? Questo sistema di doppia valuta rappresenta un ostacolo per gli investitori stranieri?
«Per gli stranieri la dollarizzazione non è un problema, e neppure l’inflazione in sé; se però i prezzi galoppano anche nel corso di trattative commerciali, si può essere tratti in inganno. Per farsi rispettare ci vuole tempo, ed è necessario saper regatear, ossia negoziare. Per acquistare un appartamento, per esempio, è meglio servirsi di un intermediario venezuelano, e quindi comparire soltanto all’ultimo momento».

– Quali sono le caratteristiche delle Zonas económicas especiales, le Zee? Da qualche tempo anche la Isla de Margarita, paradiso turistico noto come Perla del Caribe, è regolamentata da questo regime fiscale speciale.
«Le Zonas económicas especiales sono aree geografiche strategiche, governate da condizioni economiche speciali, e da un regime fiscale ad hoc. Gli obiettivi sono vari: attrarre investimenti esteri, stimolare la crescita, creare posti di lavoro e promuovere il commercio internazionale. Gli incentivi per gli investitori sono molteplici, e vanno dalle agevolazioni fiscali, alle esenzioni doganali. Senza dimenticare le norme sul lavoro più flessibili, per facilitare assunzione e licenziamento del personale. L’Isla Margarita è stata sì designata come tale, ma era già da tempo una zona franca, o porto franco. Vi sono cioè aree ove si possono importare le merci, senza che siano soggette né alle consuete norme doganali, né all’impuesto al valor agregado. A Margarita dunque si possono avere prodotti d’importazione a prezzi contenuti. Effetti, tra l’altro, più evidenti nel commercio on line. Più di recente si è anche ventilata l’ipotesi di trasformarla in un centro finanziario offshore, o in un paradiso fiscale tout court sul modello delle Isole Cayman: l’idea, che punta a rafforzare l’economia attraverso l’attrazione di capitali esteri, è sostenuta soprattutto dal deputato di opposizione Oscar Ronderos».

– Quali sono le aspettative degli operatori economici, e più in generale dell’opinione pubblica, dopo che gli Stati Uniti hanno deciso di imporre le sanzioni su petrolio e gas?
«Soprattutto si nota chi approfitta della crisi per far soldi, ma questo nella storia è accaduto spesso. Aggiungerei che queste sanzioni, come si è visto con Cuba, Iran e Russia, non hanno effetti persuasivi importanti».

– Come definirebbe il rapporto tra gli imprenditori locali e un governo centrale dai tratti fortemente autocratici?
«Il rapporto con le istituzioni è complicato, soprattutto perché non funzionano. Con i salari da fame che vengono pagati, esiste un’enorme difficoltà a reperire personale, specie qualificato. A causa dell’inflazione, il salario minimo e lo stipendio dei pubblici funzionari sono insufficienti a soddisfare le necessità di base. E i continui aumenti delle retribuzioni, anziché stare al passo con la corsa dei prezzi, hanno prodotto nuova inflazione. E poi non mancano fenomeni di corruzione, tuttavia si deve riconoscere che il Governo cerca di contrastarla efficacemente. Invero la rotazione del personale arriva a livelli parossistici: è difficile imbattersi in dipendenti pubblici capaci, e chiedere loro un chiarimento è un’impresa spesso inutile».

– E a suo giudizio, il chavismo è veramente un nemico mortale delle imprese, o c’è anche un pregiudizio ideologico?
«Non direi che il chavismo sia nemico della piccola e media impresa; le grandi aziende devono invece mediare, ma questo si verifica un po’ ovunque. Poi, inevitabilmente, qualche attore economico deve fare i conti con la crescente polarizzazione politica, e la demonizzazione degli avversari».

– Può fornirci qualche dato che ci faccia conoscere meglio la quotidianità economica del Paese?
«Nell’Isola di Margarita i dipendenti sono pagati in dollari; così un cameriere, a seconda delle capacità, può guadagnare tra i 60 e i 100 dollari al mese. I lavoratori qualificati ovviamente sono retribuiti meglio; tuttavia si tratta di cifre molto inferiori, rispetto ad altri Paesi dell’area come Panama. I costi energetici sono abbordabili, come quelli per cibo e bevande; la benzina si paga solo mezzo dollaro al litro, e l’assicurazione dell’auto si aggira sui dieci dollari annui. Insomma in Venezuela il costo della vita è oggettivamente basso, e non esiste quella penuria di beni che ad esempio affligge Cuba. Per acquistare un appartamento di lusso, i costi si aggirano sui 700 euro al metro quadrato; gli affitti invece variano tra i 400 e i 500 euro».

– Poi vi sono i lati negativi, a cominciare dai salari da fame.
«Sì, gli stipendi sono tanto bassi, che spesso è a rischio anche l’approvvigionamento alimentare. Vanno poi segnalati i frequenti black out, e le altrettanto reiterate interruzioni della fornitura d’acqua. Senza parlare dei tanti intoppi per connettersi al web. Chi può, ricorre così a generatori, cisterne, e a più Internet provider».