Acciaio: verso una carenza di materie prime e semilavorati

L’Italia è fortemente dipendente dall’import da Russia e Ucraina, che con il conflitto in atto potrebbe rallentare o interrompersi del tutto, facendo aumentare i prezzi. Se ne è parlato nel webinar di siderweb “Russia-Ucraina: l’impatto della guerra sulla siderurgia”.

Siderweb

Nel breve periodo, a causa del conflitto in corso in Ucraina dopo l’attacco militare della Russia, potrebbe esserci un rallentamento o uno stop dell’import di materie prime e prodotti siderurgici dai due Paesi, dal quale l’acciaio italiano è fortemente dipendente. È emerso nel corso del webinar di siderweb – La community dell’acciaio che si è tenuto questa mattina, dal titolo “Russia-Ucraina: l’impatto della guerra sulla siderurgia”.
“Sono molto elevati i rischi di una carenza o di un’interruzione, a breve, delle forniture di materie prime, semilavorati e prodotti piani russi e ucraini – ha detto il responsabile dell’Ufficio Studi siderweb, Stefano Ferrari –. Ci sarà quindi un impatto diretto sui prezzi di ghisa, DRI e rottame, di bramme e dei prodotti piani in acciaio al carbonio, ma anche dell’acciaio inox, perché la Russia è il terzo esportatore mondiale di nichel, un prodotto che già ha scorte molto basse. Saliranno anche i costi di produzione dell’acciaio a causa dell’energia”.

I numeri.
Nei primi 11 mesi del 2021, l’Ucraina ha esportato in Italia 2,82 milioni di tonnellate di acciaio, in aumento del 20,1% tendenziale. Il 91% sono materie prime (706mila tonnellate) e semilavorati (1,87 milioni di tonnellate), contro una media dell’Ue del 61%.
Nello stesso periodo, la Russia ha esportato in Italia 2,43 milioni di tonnellate di acciaio (-6,4%). L’81% sono materie prime (1,19 milioni di tonnellate) e semilavorati (767mila tonnellate), contro una media europea del 64%.
Si nota quindi come l’acciaio italiano sia maggiormente esposto verso Russia e Ucraina rispetto alla media dei Paesi Ue.
Secondo l’analisi presentata da Gianfranco Tosini dell’Ufficio Studi siderweb, “la vera risorsa della Russia è il commercio estero, che va a finanziare gli investimenti, anche militari. Il saldo commerciale, nel 2020 a 91,8 miliardi di dollari, si è dimezzato rispetto ai volumi antecedenti al conflitto del Donbass del 2014. La difficoltà ad accumulare risorse: è questo il grimaldello da usare per scardinare l’economia russa”. Le sanzioni imposte negli anni scorsi alla Russia «un effetto l’hanno avuto: nel 2016 si è toccato il minimo storico dell’export russo. Dal picco di 529,3 miliardi di dollari del 2012 si è scesi a 281,7 miliardi”. Ma contro le sanzioni c’è il principale partner commerciale della Russia: la Cina, destinataria nel 2021 del 28,9% dell’export russo. Insomma, “la Russia potrebbe trovare nel partner cinese la possibilità di aggirare alcune sanzioni”, ha spiegato Tosini.

Lo scenario.
Le importanti ricadute che il conflitto sta avendo a livello globale, secondo quanto riportato da Carlo Muzzi, giornalista e analista geopolitico del Giornale di Brescia, sono dimostrate anche “dalle posizioni assunte dai diversi Paesi nel dibattito alle Nazioni Unite, con la posizione cinese, che ha condannato l’invasione ma anche le sanzioni imposte dall’Occidente; con l’India che si è astenuta e con gli Emirati Arabi che si sono invece schierati contro la Russia. Le posizioni dei vari “grandi” del mondo si stanno insomma polarizzando, rendendo il panorama ancor più complesso da interpretare”.

Parola all’operatore.
“Viviamo in un contesto surreale, nessuno credeva possibile un conflitto: siamo alle prese con sentimenti di sconcerto, quasi di incredibilità, nutriamo tutti molta preoccupazione, in primo luogo per la situazione umanitaria e poi per le ricadute che si avranno sull’economia. Pur nella migliore e utopistica delle ipotesi, che la diplomazia riesca a negoziare una tregua e si arrivi quanto prima a una conclusione pacifica, il quadro rischia di rimanere instabile per un tempo prolungato – così Antonio Marcegaglia presidente e Ad dell’omonimo Gruppo siderurgico mantovano –. Infatti, le distorsioni nelle catene di approvvigionamento, nella logistica e nei flussi finanziari relativi a due Paesi così importanti per i prodotti siderurgici, in particolare per le bramme, stanno già avendo un impatto sulla disponibilità e dunque anche sui prezzi. Tuttavia, per quanto concerne il nostro Gruppo, abbiamo uno stock abbastanza elevato e grazie a una rete di fornitori internazionali ampia e ben consolidata, negli anni e nei rapporti, abbiamo potuto trovare da subito alternative di fornitura e siamo, dunque, fiduciosi di mantenere invariati i livelli di produzione”.