al-Qaeda si muove per non rimanere indietro

di Denise Serangelo

al-zawahiri al baghdadi grandeQualcuno si era persino dimenticato che esisteva, eppure al-Qaeda ha continuato a lavorare nell’ombra nelle regioni più destabilizzate sparse per il globo. 
Oscurata dalla ribalta dello Stato Islamico e dalla sua furibonda ondata di violenza, il network terroristico che ha reso nota al mondo la firma jihadista sembra tornata sulla scena internazionale.
al-Zawahiri, leader di al-Qaeda dal 2011, fu chiaro fin da subito nello stabilire un netto e profondo distacco tra la sua organizzazione e il nascente ISIS.
Ritenuto a tutti gli effetti un falso leader, al-Baghdadi non ha perso tempo nel dichiarare superato il movimento pianificatore dell’11 Settembre per porsi come unica vera guida dei veri musulmani nel mondo.
Sembrava così prefigurarsi un nuovo panorama delle organizzazioni terroristiche, una nuova lotta intestina che avrebbe danneggiato su più fronti economia, politica e società.
Invece di farsi lotta tra loro i due gruppi hanno semplicemente condotto, con metodi alternativi e scopi divergenti, le loro strategie di sangue. 
Il gruppo di al-Zawahiri ha continuato a compiere attentanti minori in giro per il mondo, tentando di imporsi nuovamente sulla scena internazionale, portando alla ribalta la sua visione di jihad. Operando soprattutto nel Sahel, Africa e Golfo di Aden, lottando al contempo per non perdere consensi tra i militanti.
L’attacco all’hotel Splendid di Ouagadougou all’indomani dell’assalto allo Starbucks di Giakarta rappresenta la replica all’esordio operativo dello Stato Islamico in un Sud Est asiatico improntato sui gruppi quaedisti. 
La strage al Blu Radisson Hotel in Mali, firmata da al-Qaida Maghreb il 20 novembre, segue di una sola settimana quei massacri parigini del 13 novembre con cui il Califfato dimostra di poter colpire al cuore l’Europa. 
Una lotta interna alle organizzazioni del terrore che non ha nulla di ideologico o di politico, il vero motivo di tali attentanti sono le possibilità economiche e strategiche che le zone interessate rappresentano.
Il Sahel e l’Africa nord occidentale rappresentano uno dei principali terreni di scontro materiale tra le due fazioni, il disagio economico e sociale delle popolazioni ha trasformato tutti i giovani maschi in buona salute in potenziali terroristi. 
Un bacino di reclutamento sconfinato che rischia di incrementare a dismisura piccoli attentanti e rappresaglie.
Agli occhi dei più intransigenti cultori della dottrina islamica radicale, al-Qaeda segue una linea d’intervento troppo morbida e poco incisiva, Osama Bin Laden aveva promesso altri 11 Settembre per annientare lo strapotere statunitense ma non se ne è avuto traccia. 
Lo Stato Islamico è invece espressione del più profondo desiderio di vendetta che la maggior parte dei seguaci di al-Qaeda tramava.
L’Islam e la sua interpretazione violenta ed estremista sono solo vettori per occultare malesseri sociali ed economici che poco o niente hanno a che spartire con la religione. 
al-Qaeda e lo Stato Islamico si contendono una vetrina di reclutamento di rilevanza internazionale, poter dimostrare di mietere vittime e di essere in grado di fronteggiare polizia e forze speciali, dovrebbe spingere i jihadisti verso una o l’altra parte. 
Gli attentati di Giacarta e del Burkina Faso sono utili anche ad altri scopi, in primis acquisire nuovi finanziamenti. 
al-Qaeda si attesta ancora più ricca rispetto allo Stato Islamico, perché ha ricevuto una serie di finanziamenti sotto la guida di Osama Bin Laden ma anche e soprattutto perché sono in molti a credere che possa essere una valida alternativa all’IS.
Se da una parte al-Baghdadi ha avuto grandi soddisfazioni tattiche e afflussi di giovani leve, poco incisivo è stato il suo ritorno economico. In pochi si fidano del suo folle piano di costruire un Califfato in alcune delle zone più strategiche del mondo intero. 
Dalla Libia all’Iraq passano i più importanti e remunerativi traffici di droga armi ed essere umani appannaggio di al-Qaeda. 
La presenza del Califfato e i bombardamenti occidentali non hanno certo aiutato al-Zawahiri a continuare la costruzione economica della sua organizzazione. 
Per quanto riguarda la zona dell’Africa e del Sahel gruppi trasmigrati da al-Qaeda all’IS come Boko Haram in Nigeria e al-Sahabaah in Somalia mettono a rischio gran parte degli introiti economici dell’una o dell’altra parte. 
Insomma, quella tra le due fazioni terroristiche è una lotta per il primato. 
Una lotta che non permetterà a nessuno dei due di primeggiare senza aver spremuto dall’altro qualsiasi vantaggio strategico oppure economico. 
Teatro di scontro saranno soprattutto obbiettivi simili a quelli del fine settimana passato, hotel di lusso e ristoranti rinomati. 
Questi target, incontrollabili dalle forze di polizia locali, hanno il duplice scopo di evidenziare l’avanzamento tecnologico del gruppo terroristico e in seconda battuta di aumentare il senso di pericolo negli occidentali nel mondo. 
Un doppio risultato che sicuramente spingerà molti sostenitori dell’una o l’altra parte a emulare gli attentanti. 
Una certa attenzione meritano proprio gli obbiettivi degli attentati botta e risposta tra al-Qaeda e lo Stato Islamico. 
Innanzitutto al-Qaeda ha da sempre una strategia del terrore piuttosto chiara. 
Essa basa le sue operazioni su addestramento specifico e su gruppi di lavoro molto veloci con obbiettivi specifici e di dimensioni gestibili da un commando snello e veloce. 
Più che preferire ordigni esplosivi come cinture o bomba radiocomandate prediligono armi come fucili o i classici AK47. 
Le esplosioni sono utilizzate soprattutto all’inizio di un attacco per iniziare il combattimento, una tecnica utilizzatissima contro ambasciate o luoghi dignitosamente protetti con posti di blocco o guardie armate. 
L’uso delle armi rispetto agli ordigni sottolinea proprio un addestramento con capacità che vanno acquisite bene per poter essere ritenuti idonei. 
Non a caso, su internet al-Qaeda faceva solo reclutamento e propaganda per poi invitare i suoi seguaci a presentarsi all’addestramento in zone come Iraq ed Afghanistan. 
L’11 Settembre di New York, Madri e Londra dimostrano come l’attenta pianificazione sia una dote caratteristica dei seguaci di Osama Bin Laden, che pur non avendo vinto alcuna guerra ha comunque smosso le coscienze di alcuni ambienti accademici sulla presenza degli Occidentali in Medio Oriente. 
Lo Stato Islamico è una storia diversa. 
al-Baghdadi basa il suo potere sui social media e su tattiche di guerriglia ben diverse rispetto al suo predecessore. 
I commando sono numericamente simili a quelli di Al Qaeda ma invece di agire tutti insieme si disperdono in diverse zone di una città aumentando il senso di terrore ed insicurezza. 
Non solo, le forze dell’ordine saranno costrette a dislocare il loro personale su più parti evitando di essere totalmente efficienti in un solo punto. 
Lo Stato Islamico predilige cinture esplosive per poi terminare la strage con armi di facile reperibilità come i Kalashnikov. 
Il motivo di tale scelta tattica si può ricercare in quello che è il metodo di reclutamento del califfato, soprattutto tramite social media e pescando dal bacino di giovani immigrati di seconda generazione. 
Questi adepti vengono prima indottrinati, gli viene presentata una vita appagante e felice, priva di quelle frustrazioni che annientano la loro quotidianità e poi addestrati sommariamente tramite video o da affiliati di basso rango. 
I commando operano con scarsa precisione tendendo a mietere più vittime possibili senza badare alla possibilità di essere uccisi. 
La componente ideologica nello Stato Islamico è il fulcro delle operazioni, prima di tutto i militanti sanno di essere carne da macello, sacrificabili in nome di un progetto più grande.
Proprio quando Al Qaeda sembrava essersi evoluta verso una strategia del terrore più simile a quella del Califfo, ecco che i talebani rivendicano uno o più razzi contro il quartiere delle diplomazie occidentali a Kabul. 
Un caso che l’ordigno sia esploso proprio vicino all’ambasciata italiana? Forse, ma se una cosa è stata appresa in questi ultimi anni è che le coincidenze non esistono per i terroristi. 
Dagli ultimi eventi sembra che ci si trovi dinnanzi ad una nuova fase dell’evoluzione del terrorismo di matrice jihadista dove le tecniche e gli obbiettivi dell’uno o dell’altro fronte si assemblano ma non si incastrano. 
Dalla lotta dovrà uscire un solo vincitore mentre la speranza dell’occidente è che dalla lotta non esca vincitore nessuno.