Birmania. Il dramma dei Rohingya, perseguitati dai buddisti e esuli in casa loro

di C. Alessandro Mauceri

Continua il massacro della minoranza musulmana Rohingya in fuga verso il Bagladesh. Duri scontri sono stati registrati in diversi siti non lontani dal confine con il Myanmar. Attualmente sono almeno 69mila i Rohingya in fuga per sottrarsi alle violenze della maggioranza buddista in Myanmar dove comincia a farsi notare l’incapacità della leader Aung San Suu Kyi, già insignita del premio Nobel per la Pace nel 1991 (ma potè ritirarlo solo nel 2012) di fronteggiare questa situazione. Quella musulmana è una minoranza ormai divenuta apolide dato che è stata loro negata la cittadinanza. Si parla di circa 1,1 milioni di musulmani che vivono in condizioni simili alla segregazione razziale nel nordovest della Birmania, al confine con il Bangladesh.
H.T. Imam, consigliere politico del primo ministro del Bangladesh Sheikh Hasina, ha detto che “Coloro che sono assolutamente impotenti – donne con bambini e anziani – riceveranno rifugio temporaneo”. “Stiamo facendo questo ad un costo pesante. Sono cittadini del Myanmar e devono essere ripresi”.
A preoccupare sono infatti i numeri del problema: sono circa 1,1 milioni i Rohingya musulmani che vivono nello stato di Rakhine del Myanmar. Qui sono in atto restrizioni ai movimenti e viene loro negata la cittadinanza. Di fatto, come già denunciammo molto tempo fa in Myanmar, sono considerati “clandestini provenienti dal Bangladesh”.
“Sinora si è parlato di centinaia di morti. Questa potrebbe essere una stima troppo bassa, potrebbe trattarsi di migliaia”, ha riferito (a patto di rimanere anonimo) uno dei due funzionari che lavorano per diverse agenzie Onu in Bangladesh che hanno denunciato una volta di più la situazione. Entrambi hanno espresso preoccupazione sul fatto che il mondo non abbia compreso appieno la gravità della situazione.
Un rapporto ufficiale dell’Alto commissariato Onu per i diritti umani diffuso il 3 febbraio parla di uccisioni di massa e stupri di gruppo ai danni dei Rohingya, che rappresenterebbero crimini contro l’umanità. Il governo guidato da Aung San Suu Kyi, che fino ad ora aveva sempre respinto queste accuse, ha detto che avvierà un’inchiesta per verificare la veridicità del contenuto del documento.
Pochi giorni fa sono avvenuti degli incontri a Dhaka tra Imam e il ministro degli Esteri A.H. Mahmood Ali, al quale hanno partecipato diplomatici provenienti da diversi paesi tra cui Stati Uniti, Arabia Saudita e Myanmar. Il problema più che religioso pare essere economico: il Bangladesh chiede fondi e aiuti economici per attuare un piano (criticato da più soggetti) di trasferire i rifugiati dal Myanmar ad un’isola nel Golfo del Bengala chiamata Thengar Char. “Il ministro degli Esteri ha chiesto l’aiuto internazionale anche per accogliere la popolazione Rohingya” ha detto Imam.
Una soluzione che non risolverebbe il problema e non solo per il numero di persone in fuga, ma anche per le condizioni dei luoghi che dovrebbero ospitare gli esuli: il generale Mohammad Mia Zainul Abedin, dopo aver visitato Thengar Char, ha chiesto all’amministrazione locale di istituire un eliporto, un molo, un pozzo profondo da cui attingere acqua potabile e altre infrastrutture per rendere l’isola vivibile.