Bolivia. Morales vuole candidarsi di nuovo e lancia pesanti accuse al governo

di Paolo Menchi

Il desiderio di Evo Morales di tornare ad essere il presidente della Bolivia ha subito un duro colpo nei giorni scorsi, quando una sentenza del TCP (Tribunal Constitucional plurinacional) ha affermato che “la rielezione presidenziale indefinita non esiste e non può essere nemmeno considerato un diritto umano, come aveva dichiarato alcuni anni fa un tribunale per spianare la strada a Morales.
Ricordiamo che Morales era stato eletto nelle file del MAS (p Movimento per il Socialismo – Strumento Politico per la Sovranità dei Popoli) per la prima volta nel 2005, poi rieletto a fine 2009 e, grazie ad una riforma costituzionale da lui voluta e confermata da referendum, per permettere una ulteriore candidatura fino ad allora vietata dalla costituzione, nel 2014 otenne il terzo mandato.
Nel febbraio 2016 aveva giocato la stessa carta per potersi ricandidare una quarta volta, aveva perso il referendum ma, con una discutibile decisione, il Tribunale supremo elettorale aveva ribaltato il risultato, stabilendo che era un “diritto umano” di Morales ricandidarsi.
Morales era stato rieletto quindi il 20 ottobre 2019 ma le accuse di brogli elettorali e le forti proteste di piazza lo avevano costretto a scappare prima in Messico e poi in Argentina accusando le opposizioni di golpe.
Nel frattempo, si era insediato un governo provvisorio guidato da Jeanine Áñez che era rimasto in carica fino alle elezioni dell’autunno del 2020, quando, a sorpresa, era stato eletto Presidente Luis Arce del MAS ed ex ministro del governo Morales.
Proprio a seguito di questo risultato Evo era potuto tornare in Bolivia ma ben presto i suoi tentativi di imporre al presidente le sue idee aveva portato ad un forte scontro tra i due uomini e all’interno del Mas, ormai diviso in due fronti opposti, per la gioia dell’opposizione.
La decisione del TCP ha inasprito l’atteggiamento di Morales che, oltre ad annunciare un ricorso a corti internazionali e dichiarare che si considera candidato a tutti gli effetti, ha lanciato pesantissime accuse contro il governo tacciandolo di mafia e narcotraffico.
Secondo l’ex presidente, il governo, da una parte estorce denaro ai narco trafficanti detenuti nella zona del Trópico del Chapare e dall’altra permette che dall’aeroporto di Santa Cruz, gestito dai ministeri della difesa, dell’economia e delle opere pubbliche, vengano esportate tonnellate di droga destinata ai mercati esteri.
Secondo Morales la Bolivia è governata da una mafia che gestisce e incassa ingenti proventi dal narcotraffico ed indica il maggior responsabile nel ministro Del Castillo.
In merito all’attuale presidente Arce, Evo lo ha paragonato all’ex presidente ecuadoriano Lenin Moreno che, dopo essere stato eletto nella corrente socialista di Rafael Correa, tradì il suo mentore politico una volta insediatosi al governo.
In considerazione della pesantezza delle accuse la risposta del ministro Del Castillo è stata fin troppo pacata, rimarcando che Morales è un soggetto che, per interessi personali, sta mettendo a repentaglio la sicurezza di una intera nazione, come aveva già fatto in passato.
In effetti il Mas, di cui Morales è presidente, è spaccato e molti ritengono ancora valida la decisione del tribunale che in passato aveva riconosciuto a Morales “il diritto umano” di ricandidarsi.
La cosa certa è che un personaggio positivo e democratico come Evo Morales sta rovinando la sua immagine con questo desiderio di tornare ad essere presidente per sempre, contrario ad ogni principio di democrazia.