di Francesco Giappichini –
Dopo che il 30 giugno il Tribunal superior eleitoral (Tse) ha dichiarato ineleggibile sino al 2030 l’ex presidente del Brasile Jair Bolsonaro, sul fronte del centrodestra verde-oro sono cominciate le manovre per la scelta di un nuovo leader. Da un lato, le personalità del polo moderato e conservatore hanno cercato di mettersi in mostra, per affermarsi come capi di questo blocco politico; dall’altro lato, lo stesso elettorato di quell’area è alla ricerca di una figura che sappia guidare le destre verso le comunali dell’ottobre ’24 e le presidenziali del ’26. E se cominciamo dalla fine, osserviamo che in pole position c’è la figura di Tarcísio de Freitas: il governatore dello Stato di San Paolo, in forza alla formazione politica moderata “Republicanos”, ha saputo farsi apprezzare trasversalmente come ministro delle Infrastrutture dell’esecutivo Bolsonaro.
«Tarcísio», come è chiamato dalla stampa nazionale, non è un politico di professione (i cronisti italiani lo definirebbero un tecnico d’area, prestato alla politica). Il suo indice di gradimento come inquilino del Palácio dos Bandeirantes (la sede del governo statale) è comunque molto elevato; il che rappresenta un successo inaspettato, se si tiene conto che l’ex funzionario e capitano dell’Esercito è nato e cresciuto, proprio così, a Rio de Janeiro. Dopo l’insediamento alla guida dell’Estado de São Paulo, ha dichiarato più volte: «Non avrei mai immaginato di essere qui oggi e lo devo a Bolsonaro». Sì, la sua scelta come candidato alla guida di San Paolo fu dovuta, in gran parte, alla volontà del controverso ex presidente.
E tuttavia «Tarcísio» ha saputo ritagliarsi il ruolo di rappresentante di una sorta di «bolsonarismo light»: appare conservatore nei costumi e liberale in economia, ma senza le esasperazioni che hanno creato la pessima fama del suo mentore. Divergenze con l’ex capo dello stato che si stanno approfondendo in queste ore: il governatore ha dichiarato l’appoggio alla riforma fiscale dell’amministrazione Lula, ricevendo così aspre critiche, da parte di Bolsonaro, e dei suoi fedelissimi. Beninteso, «Tarcísio» pubblicamente non ha mai parlato di puntare alla guida del Paese, ma si limita a ripetere che il suo obiettivo è governare bene, per guadagnarsi la rielezione. E tuttavia dal suo entourage si fa sapere che è «un’opzione che è sul tavolo».
Va da sé che uno dei suoi punti a favore rispetto a molti competitor, è l’identificazione con l’ex presidente, come ha ben spiegato il deputato di San Paolo Capitão Augusto (al secolo José Augusto Rosa): «Tarcísio avrebbe il vantaggio di poter sommare il 100% dei voti di Bolsonaro e anche voti di centro». Il segreto, secondo altri osservatori, dovrebbe essere quello di non lasciarsi contaminare dal bolsonarismo: pur senza rinnegare il padrino politico, dovrebbe insomma crearsi una propria identità. E secondo alcuni sondaggi, si intravedono solo due avversari interni, capaci di impensierire quello che appare sempre più come l’erede naturale di Bolsonaro. Il primo nome è senz’altro quello dell’ex first lady, Michelle Bolsonaro, esponente del conservatore Partido liberal (Pl); che però da un lato rischia di ereditare l’elevato «índice de rejeição» del marito, e dall’altro è giudicata inesperta, per non aver mai partecipato a una sfida elettorale in vita sua. L’altra figura che riesce a emergere è quella di Romeu Zema, governatore dello Stato del Minas Gerais, che tuttavia, secondo gli osservatori, manca di visibilità a livello nazionale.