Brexit. Sanchez ottiene le garanzie su Gibilterra e ritira il veto

di Elisabetta Corsi

La premier britannica Theresa May ha vinto un’altra battaglia per la sua strategia Brexit: la Spagna non porrà, al contrario di quanto era stato annunciato, il veto al piano che sarà discusso e approvato domani nel summit di Bruxelles dei 27 membri dell’Unione Europea.
Pedro Sanchez, primo ministro spagnolo, sembra aver ottenuto le garanzie che cercava relativamente alla questione di Gibilterra dall’incontro con il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk, il quale gli ha confermato la disponibilità sia di Londra che della Commissione Europea stessa a tutelare lo status quo tra la Spagna e l’enclave britannica.
La garanzia ottenuta da Sanchez si può riassumere in tre punti: l’esclusione dall’applicazione dell’articolo 184 al contenuto della relazione a livello territoriale; il riconoscimento della questione da parte del governo britannico in forma scritta tramite una lettera volta a rassicurare Madrid; il Consiglio europeo e la Commissione europea rafforzano la posizione della Spagna in vista di futuri negoziati. Le decisioni in merito alla questione di Gibilterra dovranno poi essere prese bilateralmente tra Londra e Madrid. Ha inoltre annunciato che dopo l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione, la questione di Gibilterra passerà da Bruxelles a Madrid al fine di sviluppare accordi separati. Si tratta di una vittoria anche politica per Sanchez, che si trova ad affrontare le elezioni in Andalusia, dalla quale ogni giorno partono migliaia di lavoratori per recarsi a Gibilterra.
Theresa May ha dichiarato che la discussione con la Spagna è stata costruttiva e sensibile ma allo stesso tempo non cambierà la posizione del Regno Unito riguardo a Gibilterra. Anzi, ha dichiarato che “Sono fiera che Gibilterra sia britannica e starò sempre a fianco di Gibilterra”.
Si è fatto poi sentire l’ex ministro degli esteri britannico Boris Johnsonil quale ha dichiarato che dopo l’approvazione dell’accordo il Regno Unito diventerà un satellite dell’Unione Europea, per cui si starebbe compiendo un errore storico e quindi la volontà di Bruxelles.
Dall’altra parte il cancelliere Philip Hammond insiste nel dire che l’accordo della premier “è meglio che rimanere nell’Unione Europea”, dal momento che rispetta i risultati del referendum del 2016 e offre il miglior compromesso possibile.
Nel Brexit summit sarà chiesto di approvare due documenti chiave: la dichiarazione politica, che è una spiegazione di come saranno le relazioni dell’Unione Europea con il Regno Unito dopo la Brexit, e il vero e proprio piano composto di 585 pagine con tutti i termini per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Il piano comprende i 39 miliardi che Londra deve pagare a Bruxelles per il divorzio, i diritti dei cittadini e il cosiddetto “Backstop” per regolare i confini irlandesi o meglio lasciarli liberi. Questo ultimo punto è ancora al centro di malumori nel Regno Unito e soprattutto nell’Irlanda del Nord, dove la proposta continua a non essere accettata.