Caos in Tunisia, scontri e sollevazioni in diverse città: Marzouki ora vuole il governo dei tecnici

di Enrico Oliari –

E’ sempre più caos in Tunisia, dove chi governa il paese del Dopo-rivoluzione sembra non sapere che pesci pigliare per riportare la calma e porre la situazione sotto il controllo delle autorità: i disordini proseguono da diversi mesi ed ogni occasione è buona per protestare in una società le cui spaccature interne vengono accentuate dagli scarsi risultati prodotti da chi guida il paese, ovvero il partito confessionale moderato di Ennahda.
E così capita di vedere i salafiti sul piede di guerra per una mostra d’arte ritenuta dissacratoria o per il diritto delle studentesse di portare il niqab all’università; oppure i disoccupati, che spinti dalla rabbia attaccano i simboli delle istituzioni, come le caserme della polizia o gli uffici governativi; o ancora i laico-liberali, che manifestano contro chi vorrebbe trasformare la Tunisia in uno stato confessionale; o i sindacati, o i comunisti, o gli immigrati, oppure persino i tartassati, che arrivano a bloccare le strade per le pesanti bollette di gas ed elettricità che si ritrovano, in un paese dove le risorse sono tradizionalmente (anche oggi) cedute alle compagnie straniere.
Un flash solo sulla giornata odierna fa vedere il presidente tunisino Moncef Marzouki costretto a lanciare un appello affinché venga varato al più presto un nuovo governo composto da tecnici, in grado di affrontare l’emergenza del Paese a quasi due anni dalla Rivoluzione dei Gelsomini.
E’ stato critico, Marouki, nel suo intervento, con il quale ha sottolineato come il futuro della Tunisia sia nelle “mani di tutti”, dei politici, dell’esecutivo, della presidenza, dei sindacati, della società civile e dei cittadini.  “E’ estremamente importante organizzare elezioni prima dell’estate” – ha aggiunto il presidente, per il quale è altrettanto importante “procedere verso la creazione di istituzioni stabili e l’istituzione di una reale democrazia”.
Alla base dell’intervento del presidente tunisino vi sono gli scontri innanzitutto di Siliana, a circa 120 km sud-est di Tunisi, dove la folla è andata su tutte le furie per le molte promesse, puntualmente disattese, della Primavera Araba, ascrivibili ormai solo ai buoni propositi di chi ha conquistato il potere: dall’inizio delle violenze i feriti a Siliana sono ormai oltre 300 ed anche oggi diversi giovani hanno lanciato pietre contro la polizia, sono divenuti bersaglio dei gas lacrimogeni ed hanno bruciato copertoni e bloccato strade. Una speranza perché si plachino gli animi è arrivata in serata da un colloquio fra il governo centrale ed il sindacato dell’Ugtt: come ha annunciato, Mohamed Ben Salem, il ministro dell’Agricoltura incaricato di arrivare ad un accordo, “le due parti hanno acconsentito a lavorare per far tornare la calma”.
Tuttavia in queste ore in Tunisia sembra che si stia chiudendo una toppa perché se ne apra un’altra, tant’è che notizie di disordini, simili in tutto e per tutto a quelle che hanno portato alla rivoluzione di due anni fa, arrivano anche da Bargou, dove gli abitanti hanno sbarrato una strada e scagliato pietre contro dei veicoli della polizia che erano diretti a Tunisi e dove sono stati sparati lacrimogeni; stesse scene a Sbeitla, vicino Kasserine e nella regione di Kef, nel nord-ovest del paese, mentre nella notte 200 giovani hanno attaccato gli uffici del ministero delle Finanze di Tajerouine e si sono ritirati solo all’arrivo dell’esercito. Sempre nella stessa città è stata dimostrata l’insofferenza nei confronti di Ennahda con un assalto alla sede del partito, dove i dimostranti hanno sfasciato mobili e finestre.
L’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti dell’Uomo, Navi Pillay, se l’è invece presa con la polizia: con un duro intervento ha parlato di mano troppo pesante e si è detta convinta della necessità che il governo dia assicurazioni a che “le Forze dell’ordine cessino l’uso eccessivo della forza conto i manifestanti”.
La signora Pillay ha rivelato che una delegazione dell’Alto commissariato ha visitato, in ospedale, molti dei feriti che mostrano lesioni in tutte le parti del corpo e in alcuni casi fratture ossee.
Finisce così un’altra giornata di protesta nella Tunisia di Ennahda, accusata dai dimostranti di aver attuato politiche economiche fallimentari.
E certo, perché fino a poco fa, con il tasso di disoccupazione alle stelle e la gente infuriata per l’incapacità di chi governa, il problema era definire nella Costituzione (iniziativa poi ritirata) la complementarietà e quindi la non uguaglianza della donna rispetto all’uomo…