Mubarak rompe il silenzio. E accusa…

di Saber Yakoubi –

Ha rotto il silenzio contro ogni aspettativa l’ex presidente dell’Egitto Hosni Mubarak: il suo intervento nella scena politica, paragonabile a quello di una bomba di enorme portata, è stato ripreso dal quotidiano al-Fajr nel centro clinico del carcere di Torà ed ha rappresentato una mossa azzardata se paragonata al silenzio del tunisino Ben Alì oppure dello yemenita Ali Abdallah.
E così Mubarak ha parlato a lingua sciolta di diversi argomenti, fra cui la sua caduta, dovuta (a suo dire) ad un piano congiunto di Israele, Stati Uniti ed altri paesi alleati volto a far precipitare il paese nel caos; quindi del rafforzamento di Israele attraverso l’indebolimento del Sudan, della Libia, della Siria e dello stesso Egitto, nazioni che garantivano un certo equilibrio naturale nell’area; ha quindi accusato il popolo egiziano di ribellione e al-Mouchir Tantawi di tradimento, nonostante questi, che era uno tra i più stretti e autorevoli collaboratori e capo del consiglio militare, abbia poi rifiutato l’incarico di vice presidente ed abbia respinto due proposte quella di formare il governo. Mubarak ha quindi concluso sostenendo che oggi i Fratelli Musulmani governano grazie alla “benedizione di Israele ed Usa”.
Il quotidiano al-Fajr ha descritto Mubarak come un uomo ancora sotto shock, anche perché ha insistito sulla necessità di ribellarsi al regime attuale ed ha spiegato che i suoi 31 anni di governo hanno comportato un duro lavoro ed un grande sacrificio individuale.
Sul piano politico ha invece dichiarato che quanto sta accadendo in Egitto sarebbe frutto di un complotto risalente ad un secolo fa, in concomitanza con il trattato di Sykes Picot del 1916, rielaborato ancora nel 1920 con la conferenza di S. Remo e ripreso subito dodo la seconda guerra mondiale: i paesi dell’area sarebbero sottoposti continuamente ad una sorta di asta al ribasso, per cui sarebbero costretti a cedere in continuazione pena l’impossibilità di governare.
L’ex presidente ha concluso dicendo che non sarebbe decaduto se Tantawi avesse seguito i suoi ordini “sparando qualche pallottola”, poiché le proteste sono continuate grazie al fatto che la polizia ha sparato sulla folla e l’esercito no, cosa che ha dato sicurezza ai ribelli. Infine ha sostenuto che il movimento dei Fratelli Musulmani porterà, prima o poi, il paese alla rovina.