Cecenia. Kadyrov riconfermato tra scetticismo e polemiche

di Giuliano Bifolchi * –

Kadyrov con PutinSembrava che il 5 aprile 2016 dovesse essere il giorno chiave per la Cecenia con la fine del mandato di Ramzan Kadyrov alla guida della repubblica caucasica. A pochi giorni dal termine il Cremlino non aveva ancora deliberato in merito ad una sua conferma oppure sostituzione e, dopo una serie di eventi che avevano messo in cattiva luce Kadyrov ed in generale la Cecenia, provocando non poco imbarazzo a Mosca, molti ipotizzavano un cambio al vertice del Governo ceceno.
E invece a riflettori spenti il caro e vecchio Kadyrov è riuscito un’altra volta a ribadire la sua importanza per la Cecenia e l’impossibilità attuale del Cremlino di trovare un sostituto che abbia lo stesso potere e controllo del paese.
Dal 2007 alla guida di una delle repubbliche più problematiche della Federazione Russa, nota ai media negli anni ’90 per il conflitto con la Russia di Boris Yeltsin e poi quella di Vladimir Putin, Ramzan Kadyrov ha saputo attirare grandi attenzioni su di sé per il suo modo di condurre la politica, etichettato spesso “alla cecena”, per la sua amicizia e completo sostegno a Putin e per i continui problemi con l’opposizione, le organizzazioni non governative e gli attivisti dei diritti umani.
Che Kadyrov non fosse “un bravo ragazzo” era chiaro a tutti, bastava guardare il suo curriculum prima della leadership in Cecenia, ma non si può nascondere il fatto che sotto la sua guida il paese è riuscito a diminuire notevolmente la minaccia terroristica, divenendo oggigiorno uno degli Stati della regione maggiormente sicuri, ed ha avviato un programma di sviluppo nazionale che ha mirato ad attirare investimenti esteri, seppur l’esito non è stato dei migliori.
Certo negli ultimi tempi Kadyrov ha fatto molto parlare di sé ed alcune volte ha messo il Cremlino in una posizione scomoda, fattore che non è piaciuto a molti. Presunto mandante ed organizzatore dell’omicidio di Boris Nemtsov avvenuto nel 2015 per i media, a distanza di un anno rimangono molti dubbi sul ruolo che il leader ceceno ha avuto nell’accaduto. Recentemente Ilya Yashim ha ribadito le accuse a Kadyrov presentando ai media russi un report che, secondo le parole dell’autore, “dovrebbe far aprire gli occhi alla società russa sul fatto che Ramzan Kadyrov è divenuto una figura che presenta una minaccia alla sicurezza nazionale della Russia”. Secondo Yashin, infatti, il leader ceceno sarebbe stato il mandante di diversi omicidi politici e avrebbe creato un regime di potere personale sostenuto da un esercito o guardia privata di 12 mila soldati in una repubblica subordinata come quella della Cecenia.
A peggiorare la situazione sono state le dichiarazioni dello stesso Kadyrov in merito all’opposizione russa sostenendo che “l’opposizione politica dovrebbe essere trattata come dei traditori… Dovrebbero essere indagati, con massima severità, per sabotaggio” richiamando il periodo di terrore dell’Unione Sovietica di Stalin. Il culmine si è raggiunto forse con la pubblicazione da parte di Kadyrov sui social network di una foto del leader dell’opposizione, Mikhail Kasyanov, ritratto in un mirino di un fucile di precisione il tutto condito dalla misteriosa firma “Chi non lo ha ottenuto, lo otterrà”.
Se tutto questo non avesse allertato i media internazionali, il 9 novembre al confine tra Inguscezia e Cecenia un gruppo di uomini mascherati aveva preso d’assalto un team di giornalisti ed attivisti stranieri in viaggio organizzato dalla Commissione per la Prevenzione della Tortura. L’episodio si è concluso con il rogo del pullman che utilizzava il team, il ricovero dell’autista e di alcuni giornalisti ed attivisti. Il 16 marzo, in linea con il trend nazionale, l’attivista Igor Kalyapin, direttore della Commissione per la Prevenzione della Tortura, era stato attaccato mentre era a Grozny da un gruppo di persone che lo avevano colpito con uova, farina e vernice verde intimandogli di andare via.
L’accaduto si era tinto di giallo perché subito dopo il suo arrivo Kalyapin era stato invitato dall’amministrazione dell’hotel dove risiedeva a lasciare inspiegabilmente ed anticipatamente la struttura; appena fuori l’hotel un gruppo di persone lo aveva quindi presso d’assalto con uova, farina, vernice minacciando l’attivista noto per il suo dissenso e critica nei confronti di Kadyrov per le violazioni dei diritti umani.
Anche se la Russia non è tra i paesi più famosi al mondo per la particolare attenzione per la tutela dei diritti dell’uomo, Kalyapin non è un attivista comune perché fa parte del Consiglio dei Diritti Umani sotto la Presidenza della Federazione Russia, fattore che aveva implicato un coinvolgimento del Cremlino ed una sua reazione dopo il recente aumento di episodi ai danni di giornalisti ed attivisti.
L’evento, seguendo tutta questa serie di episodi negativi, aveva portato esponenti del mondo politico e dei media a condannarlo ed a richiedere una azione delle forze investigative: Mikhail Fedotov, direttore del Consiglio presidenziale russo dei diritti umani, ha affermato di voler insistere nell’aprire un caso contro i fautori dell’attacco. Nurdi Nukhazhiev, noto difensore civico in Cecenia, condannando l’aggressione, l’aveva etichettata come qualcosa “di non buon auspicio” per il paese e per la popolazione cecena perché Kalyapin, seppur rappresentante di una organizzazione contro Kadyrov, era pur sempre un ospite e per questo doveva essere rispettato e tutelato. Preoccupazione anche per Maksim Shevchenko, noto giornalista pro-Cremlino e supporter di Kadyrov e delle sue politiche in Cecenia, il quale aveva auspicato in una indagine delle forze di polizia che potesse in tempi celeri punire gli aggressori.
Ma perché allora Kadyrov? Perché il Cremlino continua ad appoggiare il leader ceceno?
In primis perché Ramzan Kadyrov è tra i maggiori sostenitori di Vladimir Putin sia per quanto riguarda la politica interna che quella estera. Ha infatti appoggiato con i suoi soldati la Russia nella guerra in Ucraina orientale supportando le forze separatiste e, secondo le recenti confessioni dello stesso leader ceceno alla televisione russa, le forze speciali di Grozny hanno preso parte alle operazioni russe in Siria. Anche se a volte Kadyrov mette il Cremlino in situazioni scomode di fronte ai media, bisogna sottolineare come tra tutti si dimostra quello più ligio a seguire i dettami di Mosca ed i piani politici di Putin non accusandolo, ad esempio, delle indecisioni in merito all’Ucraina oppure del cessate il fuoco in Siria raggiunto con gli Stati Uniti.
In un periodo di crisi economica e difficile a livello internazionale, Kadyrov rappresenta un punto fermo in una regione travagliata come quella del Caucaso del Nord che sta vedendo ultimamente una ripresa delle ostilità legate all’insorgenza armata ed un affermarsi delle ideologie dello Stato Islamico. Nel vicino Dagestan, ad esempio, in pochi mesi l’ISIS ha rivendicato due attacchi nell’area di Derbent confermando una minaccia diretta alla sicurezza.
Inoltre, come sottolineato il 25 marzo nell’incontro con Putin, la Cecenia sotto la guida di Kadyrov ha raggiunto i traguardi prefissati dal Cremlino come la ricostruzione delle infrastrutture distrutte durante le guerre del 1994-1996 e 1999-2000, ha ridotto drasticamente la disoccupazione (almeno sulla carta), ed ha ripristinato la stabilità e la sicurezza. Dal punto di vista economico, seppur Mosca non aspettava un notevole cambiamento, sono stati registrati notevoli successi grazie proprio all’entourage che collabora con il leader ceceno come ad esempio il sindaco di Grozny, Muslim Khuchiyev.
In conclusione, come dichiarato anche da Yekaterina Sokiryanskaya, direttrice del progetto Caucaso Nord dell’International Crisis Group, la leadership russa ha preferito mantenere Kadyrov alla guida della Cecenia piuttosto che rimpiazzarlo ed incorrere in potenziali rischi maggiori. Come si suole dire, davanti a due mali si sceglie quello minore.

bifolchi fuori* Giuliano Bifolchi. Analista geopolitico specializzato nel settore Sicurezza, Conflitti e Relazioni Internazionali. Laureato in Scienze Storiche presso l’Università Tor Vergata di Roma, ha conseguito un Master in Peace Building Management presso l’Università Pontificia San Bonaventura specializzandosi in Open Source Intelligence (OSINT) applicata al fenomeno terroristico della regione mediorientale e caucasica. Ha collaborato e continua a collaborare periodicamente con diverse testate giornalistiche e centri studi.