Corea del Sud. Il coinvolgimento del Nis nelle ultime elezioni continua a dividere

di Giancarlo Pappagallo –

corea del sud protesta nisIl coinvolgimento del NIS (National Intelligence Service) nell’ambito delle ultime elezioni presidenziali sudcoreane continua ad essere nell’occhio del ciclone, perlomeno tra chi ritiene che in un paese democratico i Servizi segreti debbano occuparsi di sicurezza nazionale senza “fare politica”.
Secondo notizie degli ultimi giorni, gli inquirenti avrebbero rinvenuto nuove prove a carico del NIS e dei suoi agenti, prove che farebbero emergere un coinvolgimento “scientifico” dei Servizi nell’ultima tornata elettorale. Pare sempre più difficile per il NIS sostenere essersi trattato soltanto di alcune mele marce all’interno delle sue strutture.
In dettaglio, sarebbero circa 1,2 milioni i tweets disseminati dal NIS nella rete, tra questi circa 27.000 sarebbero i messaggi originali, poi oggetto di retweets. Gli investigatori sospettano che il NIS abbia utilizzato dei twitterbots, programmi che automaticamente ritwittano dei messaggi originali tramite dei falsi account.
Nel frattempo, continuano le manifestazioni di protesta. Molto attiva la Chiesa cattolica sudcoreana, che già in passato aveva duramente criticato il NIS e la neo Presidente Park Geun Hye. Il 22 novembre i cattolici coreani sono tornati alla carica, e i sacerdoti della Catholic Priests’ Association for Justice (CPAJ) hanno manifestato davanti alla cattedrale di Gunsan, definendo le ultime elezioni illegali e chiedendo le dimissioni della Presidente Park.
La battaglia, tuttavia, continua. La manifestazione organizzata dai cattolici ha causato un’ondata di polemiche che rischia di degenerare in una nuova caccia alle streghe.
Immediatamente dopo la manifestazione del 22 novembre, infatti, gruppi conservatori avevano espresso forti critiche verso alcuni esponenti della Chiesa cattolica sudcoreana, accusandoli di fare propaganda in favore della Corea del Nord. A ruota sono arrivate le forti critiche del Ministro della Difesa e della stessa presidente Park Geun Hye, la quale ha dichiarato che “non saranno tollerati tentativi di divisione sociale e commenti che indeboliscono l’unità nazionale”.
Ieri, 26 novembre, la magistratura sudcoreana ha comunicato che il sacerdote Park Chang-shin è stato formalmente posto sotto indagine per violazione della Legge per la Sicurezza nazionale, la quale proibisce le attività pro Corea del Nord. Il sacerdote è accusato di aver giustificato l’attacco nordcoreano del 2010 contro le isole sudcoreane di Yeonpyeongdo, a seguito del quale erano deceduti due civili e due militari.
Questa “spy story” in salsa coreana dura ormai da molti mesi, rendendo il clima politico sudcoreano sempre più teso. Il solco tra forze conservatrici e forze progressiste è sempre più profondo e l’atmosfera politica generale sempre più irrespirabile.