Ecuador. Noboa contro i cartelli, ‘hanno dichiarato guerra allo Stato, ma è lo Stato che deve vincere’

di Enrico Oliari

L’Ecuador rischia di entrare in una sanguinosa guerra della droga, dopo che il neoeletto presidente Daniel Noboa ha deciso di intervenire in modo fermo contro i cartelli dei narcotrafficanti. Noboa lo aveva promesso in campagna elettorale con l’attuazione del “Piano Fenix” da 800 milioni di dollari, ma ora il rischio è che la criminalità organizzata trascini il paese in un baratro. La gestione del traffico di droga, in particolare dalla Colombia agli Usa e all’Europa, è un affare che fa gola a molti e che coinvolge il crimine organizzato di entrambe le sponde dell’Atlantico, ma che soprattutto comporta omicidi e violenze, basti pensare che la Guerra della Droga del Messico ha causato negli ultimi 17 anni quasi 400mila morti.
Ad oggi sono 22 le bande di narcotrafficanti censite in Ecuador
La risposta dei narcotrafficanti al pugno di ferro di Noboa si è intensificata negli ultimi giorni con azioni clamorose, come l’assalto alla tv Tc di Guayaquil durante una diretta televisiva, conclusosi con l’arresto di 13 persone. Le immagini mostravano i giornalisti e i dipendenti della televisione sdraiati a terra o in ginocchio a implorare di non essere uccisi.
Più cruente le ribellioni organizzate nelle carceri di Guayaquil, Quito, Cuenca, Riobamba e Latacunga, dove vi sono stati omicidi tra i detenuti e dove sono state catturate diverse guardie carcerarie. Al momento gli ostaggi dei rivoltosi sono 139, di cui 125 agenti e 14 dipendenti amministrativi, ma a destare l’allarme è stata anche la fuga di Adolfo Macias, pericolosissimo leader del cartello del narcotraffico Los Choneros.
Violenze e sparatorie si sono registrate nelle strade delle principali città, con l’evidente intento dei cartelli di gettare il paese nel caos: non vi è ancora un bilancio ufficiale delle vittime, al momento dato a 13 in base a informazioni sanitarie. Le immagini televisive hanno mostrato cadaveri nelle strade e la gente in fuga o chiusa in casa, mentre la Cina è stata il primo paese a chiudere per precauzione ambasciata e consolati. In diverse città vi sono stati incendi, rapine e sequestri di persona.
Nelle mire dei malviventi anche un’università, un ospedale ed altri edifici pubblici, mentre diverse auto di privati cittadini e cassonetti sono stati dati alle fiamme.
Noboa è intervenuto lanciando l’appello all’”unità nazionale”, poiché “la criminalità organizzata ha dichiarato guerra allo Stato, ma è lo Stato che deve vincere”. Nel corso di una trasmissione su Radio Canela di Quito ha inoltre avvertito eventuali giudici e pubblici ministeri compiacenti che “saranno considerati alla stregua dei narcotrafficanti”. Ha quindi coinvolto l’esercito, che potrà sparare con proiettili letali, mentre il Parlamento ha stabilito indulto e amnistia per le azioni delle forze di sicurezza e dei militari. Quest’ultima è una misura che appare controversa, poiché la storia in particolare dell’America Latina dimostra che gli abusi commessi da agenti e militari hanno solo peggiorato la situazione.
Chiusi i centri commerciali, come pure diverse scuole e uffici, per i quali è stato attivato il telelavoro.
Il “Piano Fenix” di Noboa prevede il sostegno degli Usa con 200 milioni di dollari, l’affidamento alle forze di sicurezza di armi tattiche, la creazione di nuove unità di intelligence e di prigioni di sicurezza su navi ormeggiate al largo.
L’anno scorso si sono verificati più di 7.800 omicidi e sono state sequestrate 220 tonnellate di droga.