Egitto. Trump congela gli aiuti finanziari, mentre Kushner vola in Israele

di Vanessa Tomassini –

Nell’aprile scorso il primo ministro egiziano, il generale Abd al-Fattah al-Sisi era stato accolto calorosamente alla Casa Bianca, dove l’amministrazione Trump si congratulava per il suo “fantastic job”. Oggi a sorpresa lo stesso Donald Trump ha deciso di bloccare i 96 milioni di dollari di finanziamenti destinati all’Egitto, oltre a congelare i 195 milioni di aiuti umanitari promessi ad al-Sisi, per un totale di 1,3 miliardi all’anno.
Anche il predecessore di Trump, Barack Obama, aveva sospeso parzialmente e temporaneamente gli aiuti al Cairo nel 2013 dopo la repressione contro i Fratelli musulmani dell’ex presidente Mohamed Morsi.
Le motivazioni come spesso accade sono due. La prima quella ufficiale è lo scarso progresso fatto dal Cairo in tema di diritti umani, soprattutto dopo che il 14 giugno il presidente-generale ha dichiarato, con una legge, illegali tutte le organizzazioni umanitarie non governative sospettate di operare contro il suo governo. Diverse misure poco democratiche anche nei confronti della stampa: 50 siti di informazione definiti “eversivi”, oscurati e numerosi arresti di corrispondenti e reporter.
La ragione ufficiosa invece è, come riferisce il “New York Times”, il rapporto amicale che il Cairo intrattiene con la Corea del Nord, principale preoccupazione per gli USA con la minaccia nucleare di Pyongyang. Fin dagli anni Settanta l’ONU ha nutrito sospetti che tra i due Paesi ci fossero traffici d’armi e scambi commerciali. E’ il caso del miliardario egiziano Naguib Sawiris, fondatore di Orascom Telecom Media and Technology, la società che ha creato la rete di telefonia mobile coreana nel 2008.
Un raffreddamento dei rapporti tra Washington e il Cairo o un’ulteriore dimostrazione di una politica estera statunitense ancora poco chiara? Difficile da dirsi, anche per gli analisti.
La decisione tuttavia rischia di imbarazzare l’Italia, che in sordina a ferragosto ha deciso di rinviare il proprio ambasciatore in Egitto dopo i nuovi atti giudiziari sulla morte di Giulio Regeni, tra polemiche e sdegno della famiglia. A tal proposito in rete è stata lanciata una petizione proprio per fermare questa decisione, che nasconderebbe la ricerca di mediazione egiziana con l’uomo forte della Cirenaica Khalifa Haftar nella gestione dei migranti.
Un altro rischio della mossa di Trump è quello di peggiorare ulteriormente il processo di pace tra Israele e Palestina, dove l’Egitto ha da sempre un peso non indifferente. Il congelamento degli aiuti arriva tra l’altro in coincidenza con l’arrivo ad Israele di una delegazione Usa guidata da Jared Kushner, genero e consigliere di Trump.
Per il momento l’Egitto tramite comunicato del ministero degli Esteri, Sameh Shoukry, si è detto “rammaricato” dalla scelta americana, che prevede “effetti negativi” nelle storiche relazioni strategiche tra i due Paesi. Il Cairo si aspettava “comprensione da parte degli USA dell’importanza di sostenere la stabilità in Egitto”, alle prese nel Sinai con i terroristi di Daesh.
Il ministro degli Esteri ha preso parte ugualmente al colloquio tra Kushner ed al-Sisi sul processo di pace in Medio Oriente, dove il presidente egiziano ha ribadito di essere favorevole a una risoluzione a due Stati con la creazione di uno Stato palestinese entro i confini del 1967, con Gerusalemme Est capitale.
Abu Mazen, che incontra oggi la delegazione USA, parallelamente al premier israeliano Benyamin Netanyahu ha definito “deludente” ai microfoni di alcuni media arabi lo sforzo americano nel raggiungimento di una pace con Israele. Tanto deludente da ipotizzare il dissolvimento dell’Autorità nazionale palestinese (ANP) in tutte le sue istituzioni, governo compreso, riaffidando i pieni poteri all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), pretendendo da Trump una risposta scritta sul “fermo degli insediamenti ebraici in Cisgiordania e l’impegno per la soluzione a due Stati” prima di tornare alle trattative.
Dall’altra parte Israele è intenzionata al processo di pace, proprio due giorni fa l’esercito israeliano ha rimosso diverse strutture erette illegalmente nell’avamposto ebraico di Kumi Uri, vicino l’insediamento di Yitzhar, in Cisgiordania, in quella zona definita come ‘Area B’, che secondo gli Accordi di Oslo, è sotto il controllo civile dell’Autorità nazionale palestinese.