Forum San Pietroburgo: Russia e Italia tentano il riavvicinamento. L’ostacolo delle sanzioni

di Giuliano Bifolchi * –

renzi putin spief grandeAl Forum Economico Internazionale in corso a San Pietroburgo (SPIEF) è salita alla ribalta l’Italia, ospite d’onore dell’evento, con l’intervento del primo ministro Matteo Renzi e del presidente russo Vladimir Putin e con l’organizzazione della Tavola Rotonda “Russia-Italy: Made with Italy, new pillar for a streghtening bilateral cooperation”, a cui hanno preso parte esponenti del mondo imprenditoriale e diplomatico italiano e russo.
Tema della giornata sono state ancora le sanzioni ed i rapporti attuali di Russia ed Italia danneggiati a seguito della decisione, a dire il vero obbligata, del governo italiano di appoggiare Bruxelles nella sua “battaglia” alla Federazione Russa; oltre a questo, sono stati presi in esame la Brexit, altro argomento caldo che sta tenendo sulle spine l’Europa, ed il rapporto di Roma con Washington.
Leggendo tra le righe quanto affermato da Putin è possibile dire che il presidente russo ha accusato l’Italia ed in generale l’Europa di “servilismo” o “sudditanza” agli Stati Uniti, cosa apparsa palese nel momento in cui Bruxelles ha deciso di porre le sanzioni ai danni di Mosca a seguito della crisi ucraina nel 2014 e dell’annessione della Crimea. Si tratta di un’azione che ha diviso e continua a dividere molti paesi europei, le cui conseguenze si sono sentite nelle singole economie.
Dal punto di vista economico e geopolitico le sanzioni avvantaggiano infatti un solo paese, gli Stati Uniti, i quali non solo non vengono toccati direttamente dagli attriti economici tra Unione Europa e Russia, ma anzi possono assistere all’indebolimento di due attori internazionali di primo livello e e quindi principali antagonisti.
La posizione dell’Italia è quella di voler rafforzare la propria presenza economica in Russia in settori chiave come quello dell’agricoltura e delle nuove tecnologie, mantenendo però i rapporti e legami con gli Stati Uniti visti, secondo quanto affermato da Renzi, come un modello di democrazia. Per la Brexit invece la speranza è quella che il Regno Unito rimanga nel contesto dell’Unione Europea, e che si evitino quindi le possibili tensioni sui mercati finanziari in caso di uscita.
La volontà italiana di rafforzare i legami con la Russia viene però minata (e forse anche smentita) dalle azioni di Bruxelles, che non solo ha fatto sapere l’intenzione di estendere le sanzioni contro la Russia fino al 23 giugno 2017 per la questione della Crimea, ma addirittura che valuterà settimana prossima di ampliarle per il ruolo che la Russia svolge nel conflitto ucraino. Emerge quindi da San Pietroburgo il ruolo ambiguo dell’Italia, che se da una parte strizza l’occhio alla Russia esprimendo la volontà di firmare accordi commerciali per un valore di un miliardo di euro, dall’altra parte supporta la linea dell’Unione Europea di scontro con la Federazione.e.

Schermata 2016-06-17 alle 20.18.29

Nel 2013, infatti, l’Italia era il secondo esportatore verso la Russia fra i Paesi dell’Unione Europea con 10,8 miliardi di euro, un interscambio di 40 miliardi di euro e un tasso di crescita nell’ordine dell’8,4 per cento annuo. Facendo fede ai dati ISTAT, a causa delle sanzioni nel 2015 il valore delle esportazioni italiane verso la Russia è calato di ben 3,7 miliardi di euro rispetto al 2013, attestandosi a 7,1 miliardi. Dati negativi che hanno avuto ripercussioni a livello economico nel Bel Paese, in special modo nelle regioni nord-orientali, motori industriali nazionali, che beneficiavano enormemente degli scambi commerciali con la Federazione.
Secondo un report stilato dal The Vienna Institute for International Economic Studies (WIFO), l’Italia è tra i paesi dell’Unione Europea che ha subito maggiormente le conseguenze delle sanzioni alla Russia con la perdita nel 2015 di 80 mila posti di lavoro e lo 0,1 per cento del Prodotto Interno Lordo (PIL). Lo studio del WIFO evidenzia come, mantenendo questo clima di scontro, l’Italia potrebbe perdere nel medio futuro fino a 215 mila posti di lavoro e 7 miliardi di PIL, ossia lo 0,44 per cento.
La tavola rotonda “Russia-Italy: Made with Italy, new pillar for a streghtening bilateral cooperation” può essere accolta come un segnale di buon auspicio per un miglioramento dei rapporti almeno a livello economico-commerciale tra Roma e Mosca. Il pannello degli oratori è stato di primo livello con esponenti del mondo politico ed imprenditoriale italiano e russo.
A termine della tavola rotonda è emersa l’importanza ed il significato strategico della Russia sia per l’Europa che per l’Italia e la volontà da parte dello Stato italiano, ed in special modo del mondo imprenditoriale nazionale, di sviluppare i legami storici, l’amicizia e la cooperazione che in passato ha legato i due paesi.
Attualmente in Russia operano 600 compagnie italiane su base permanente in diversi settori, da quello energetico all’agricoltura fino ad arrivare all’industria della moda e dell’abbigliamento. Con la creazione della Unione Economica Euroasiatica le aziende italiane hanno beneficiato di un maggior spazio di operatività e l’ampliamento del mercato di consumatori.
I settori verso cui i due paesi possono operare congiuntamente sono quello dell’energia, farmaceutico, dell’aeronautica ed aerospazio e, a livello dell’agricoltura, la Russia potrebbe rappresentare un mercato interessante dove le imprese italiane possono coltivare prodotti di elevata qualità su terreni di vasta ampiezza portando il loro know how e la loro esperienza.
In conclusione, la giornata di oggi evidenzia in Italia una discrepanza tra la volontà politica ed il mondo imprenditoriale, con il governo italiano impegnato ad appoggiare politiche di Bruxelles che palesemente danneggiano la propria economia, mentre le aziende e gli imprenditori nazionali cercano di recuperare il terreno perso nella Federazione Russa. Da considerare come allarme l’avvicinamento tentato da Mosca negli ultimi tempi verso partner asiatici i quali, pur non disponendo del know how e della qualità del Made in Italy, potrebbero andare a colmare il vuoto lasciato dalle imprese italiane a causa delle sanzioni, cosa che danneggerebbe direttamente le imprese italiane e facendo loro perdere terreno in un mercato con più di 140 milioni di consumatori.

* Giuliano Bifolchi. Analista geopolitico specializzato nel settore Sicurezza, Conflitti e Relazioni Internazionali. Laureato in Scienze Storiche presso l’Università Tor Vergata di Roma, ha conseguito un Master in Peace Building Management presso l’Università Pontificia San Bonaventura specializzandosi in Open Source Intelligence (OSINT) applicata al fenomeno terroristico della regione mediorientale e caucasica. Ha collaborato e continua a collaborare periodicamente con diverse testate giornalistiche e centri studi.