Gaza. Continua la mattanza israeliana, 32mila i morti

Blinken atteso in Israele, Kushner propone di trasferire i palestinesi nel deserto e di lottizzare il lungomare di Gaza.

di Mohamed Ben Abdallah

Continua la strage dell’esercito israeliano a Gaza, con raid continui e concentrati soprattutto nel sud della Striscia nel tentativo, almeno quello ufficiale, di distruggere la leadership militare di Hamas. Secondo il ministero della Sanità di Gaza il bilancio delle vittime supera ormai i 32mila morti, di cui un terzo bambini, e di 74mila feriti, ma la crisi non sembra trovare soluzione, neppure per una tregua degna di questo nome.
Nei prossimi giorni è atteso in Israele per la sesta volta dall’inizio del conflitto il segretario di Stato Usa Antony Blinken, oggi in Arabia Saudita e domani in Egitto, ma il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha fatto sapere alla commissione Esteri e difesa della Knesset la sua intenzione di tirare dritto nonostante le pressioni internazionali, anche degli Usa, e di procedere con l’attacco a Rafah, dove è schiacciato in un cul de sac oltre un milione e mezzo di palestinesi in condizioni miserrime.
In Israele i famigliari di coloro che sono stati presi in ostaggio da Hamas protestano chiedendo l’avvio di negoziati, ma il governo ha reso nota l’intenzione di andare fino in fondo per dare il colpo mortale ad Hamas.
Appare tuttavia sempre più evidente che lo scopo di Netanyahu è quello di impossessarsi dei Territori palestinesi: la nascita di Israele è stata possibile solo rubando e saccheggiando la terra di altri, costringendo la maggior parte di questi ultimi manu militari alla fuga nei campi libanesi e giordani. Qualche tempo fa lo stesso Netanyahu aveva messa in preventivo l’annessione della valle del Giordano, ed oggi sono 700mila i coloni che vivono nei Territori occupati. Il genero di Trump Jared Kushner, che aveva proposto qualche anno fa la nascita della “Nuova Palestina”, ha proposto ieri di trasformare il litorale di Gaza in un luogo attrattivo per i turisti, dopo aver ovviamente trasferito i quasi due milioni di palestinesi della Striscia nel deserto del Negev, lontano cioè anche da una delle poche forme di sussistenza, che è la pesca.
Davanti ad un tale quadro appare risibile quanto affermato dal ministro degli Esteri britannico David Cameron, secondo il quale i palestinesi dovrebbero espellere i “terroristi” per arrivare ad un cessate-il-fuoco duraturo.
Netanyahu ha inoltre accolto l’invito del presidente Usa Joe Biden di inviare a Washington il ministro degli Affari strategici Ron Dermer e il consigliere per la Sicurezza nazionale Tzachi Hanegbi al fine di discutere la situazione e di affrontare la questione dell’attacco a Rafah. Un’iniziativa voluta per fare il punto della situazione ma anche chiarezza sulle intenzioni, dal momento che Israele non può permettersi di perdere l’unico alleato serio rimastogli, tra l’altro indebolito dalla campagna elettorale il corso.
Intanto ai palestinesi schiacciati dai “militari” israeliani (perché dopo 30mila morti civili i “terroristi” sono solo i combattenti di Hamas) sembra reggere il corridoio umanitario che permette un minimo di aiuti ai palestinesi. Colpiti da un dramma umanitario difficilmente comprensibile oggigiorno, di certo non sufficientemente spiegabile con l’attacco di Hamas del 7 ottobre.