Gaza. Inizio del Ramadan, tra speranza e fame

di Shorsh Surme

I palestinesi accolgono il mese del Ramadan in un’atmosfera cupa, tra le strette misure di sicurezza della polizia israeliana e lo spettro della guerra e della fame a Gaza, mentre i colloqui volti a raggiungere un cessate-il-fuoco vacillano, e mentre i capi di Hamas vivono in Qatar facendo vita da nababbi.
Tra le rovine della stessa Gaza, dove metà della popolazione di 2,3 milioni di persone si è riunita nella città meridionale di Rafah, molti dei quali vivono in tende di plastica e affrontano una grave carenza di cibo, si respira un’atmosfera di desolazione. La speranza è che il Ramadan arrivi senza distruzione e assedio su Gaza e che tutti si trovino in condizioni migliori.
Nel frattempo Philippe Lazzarini, direttore generale dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi (UNRWA), ha scritto in un post sulla piattaforma X auspicando il “cessate-il-fuoco durante il Ramadan per coloro che soffrono di più”.
Per i residenti di Gaza il Ramadan arriva “con il diffondersi della fame, di continui sfollamenti, paura e ansia, in mezzo alle minacce di un’operazione militare israeliana su Rafah”.
Per quanto riguarda la Cisgiordania, teatro di violenze senza precedenti da più di due anni e di un’ulteriore escalation dallo scoppio della guerra a Gaza il 7 ottobre, i rischi sono ancora molto alti. Città in difficoltà come Jenin, Tulkarem e Nablus si stanno preparando ad ulteriori scontri, nel contesto dell’allerta israeliana.
Ieri, domenica, l’UNRWA ha ribadito che la fame è ovunque nella Striscia palestinese assediata, sottolineando che la situazione nel nord di Gaza è tragica, poiché gli aiuti di terra vengono bloccati nonostante i ripetuti appelli.
Circa 300mila palestinesi nel nord della Striscia di Gaza sono stati privati ​​dell’ingresso dei camion dei soccorsi delle Nazioni Unite per circa un mese, nonostante gli avvertimenti internazionali e delle Nazioni Unite sullo spettro della carestia.