Guatemala. Le quattro sfide di Arévalo

di Francesco Giappichini

A vincere le presidenziali del Guatemala è stato il progressista 64enne Bernardo Arévalo, del Movimiento semilla (Semilla), che col 60,9% dei voti ha superato la candidata moderata Sandra Torres, ferma al 39,1 per cento. Il presidente eletto, che s’insedierà il 14 gennaio, ed è stato bollato come «comunista» dagli avversari, dovrà affrontare quattro sfide fondamentali: lotta alla corruzione, contrasto a povertà e diseguaglianze, sicurezza, e difesa dei diritti della comunità Lgbt (Lesbica, gay, bisessuale e transgender). Tutti obiettivi che l’ex ambasciatore in Spagna e viceministro de Relaciones exteriores – nato a Montevideo, ove il padre si trovava in esilio – dovrà perseguire tra mille difficoltà.
In primis dovrà affrontare le ostilità dell’élite economica, secondo i cui slogan allarmistici, esproprierà i possedimenti delle famiglie più facoltose. In secondo luogo, il suo mandato sarà quello di un’«anatra zoppa»: il Congreso de la república avrà una maggioranza conservatrice, e Semilla conterà solo su 23 deputati su 160. In terzo luogo, farà i conti con una magistratura ostile, i cui vertici sono inclusi, dagli Stati uniti, nella lista dei «funcionarios corruptos y antidemocráticos»: Rafael Curruchiche, capo della Procura speciale contro l’impunità, ha assicurato che esistono prove per le quali «dopo il 20 agosto dovranno registrare la sospensione del partito» Semilla.
Insomma, secondo la Fiscalía especial contra la impunidad, saremmo innanzi a un’elezione sub iudice. Intanto un passo indietro: è indubbio che parte dell’autorevolezza di cui gode il presidente eletto, discenda dal padre Juan José Arévalo. Il capo dello stato tra il ’45 e il ’51, non solo fondò il «socialismo espiritual» o «arevalismo», ma originò quella stagione progressista che fu stroncata solo dal golpe del ’54 contro il successore, Jacobo Árbenz: l’archetipo di tutte le ingerenze della Cia (Central intelligence agency) nel «cortile di casa». Il primo obiettivo del «gobierno de la nueva primavera», e torniamo ai nostri giorni, sarà la lotta alla corruzione: il suo movimento nasce nel ’15, con le proteste che portarono alle dimissioni del capo dello stato Otto Pérez Molina.
E per aggredire il «pacto de corruptos», che guida il Paese da un ventennio con crescente autoritarismo e con la logica della cooptazione, ha preannunciato un «gabinete específico anticorrupción», e una commissione di vigilanza autonoma dall’esecutivo. Ciò in aggiunta alla «morte civile» – si legga interdizione dalle cariche pubbliche – per i corrotti. Secondo punto, implementare il programma sociale «Diez semillas para recuperar el futuro», ovvero migliorare le condizioni di vita per la metà della popolazione che vive in povertà: alla metà dei bambini guatemaltechi è stata diagnosticata qualche forma di malnutrizione cronica. I servizi sanitari e scolastici, specie nelle zone rurali, sono insufficienti, e il tutto si traduce in crescenti flussi migratori. Il terzo punto cardine del programma di “Zio Bernie”, come lo chiamano i seguaci, riguarda la sicurezza. Si esclude ogni emulazione del «bukelismo»: l’obiettivo dovrà esser perseguito col controllo effettivo del territorio e delle carceri – riducendo il sovraffollamento – e col potenziamento delle attività d’intelligence. In sintesi, sarà centrale il rafforzamento della Policía nacional. Quarto punto, la difesa dei diritti della comunità lgbt, che per gli avversari si tradurrà in lotte abortiste e in battaglie per il matrimonio paritario.