Il Brics fa nascere il multilateralismo

La "de-dollarizzazione" per un nuovo ordine mondiale.

di Enrico Oliari

C’era una volta la Guerra fredda, con il polo dei paesi Nato, quello del Patto di Varsavia e quello dei paesi non allineati. Si trattava di un ordine mondiale conseguito agli esiti della Seconda guerra mondiale, una dicotomia non solo militare, bensì anche economica e soprattutto ideologica. Oggi l’antica crepa, aggiustata con un po’ di stucco a presa rapida, sembra destinata a riaprirsi e a segnare la spaccatura di un mondo che torna ad essere multipolare, fenomeno catalizzato da una guerra in Ucraina voluta dall’occidente per circondare militarmente e mettere fuori dall’economia il gigante russo. Gigante colpito ma non ucciso, che se non può vendere il proprio gas alla ricca Europa, gira i tubi e lo porta a Cina, India e Pakistan, che da soli misurano quasi la metà della popolazione mondiale.
A Washington e a Bruxelles la cosa era stata ipotizzata da tempo, ma nonostante questo si sono fatti negli anni i salti mortali per istillare negli occidentali quella russofobia sufficiente a giustificare il voluto ritorno alla Guerra fredda.
Sono però in molti, dal Venezuela all’Iran, da Cuba al Niger, ad avere i conti sospesi con un americanismo che per decenni ha colpito fino a distruggere chi non si è allineato, magari con la scusa ormai inflazionata del terrorismo.
Paesi che guardano al “Brics” per tornare a contare in un nuovo ordine mondiale, dove non sono più gli oscuri corridoi della Casa Bianca a stabilire chi compra o chi vende, chi può relazionarsi con chi.
E proprio in questi giorni è in corso a Johannesburg, in Sudafrica, il vertice dei Brics, cioè Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, un appuntamento dal titolo “Multilateralismo inclusivo” al quale partecipano anche diversi invitati e paesi emergenti, e che per il presidente cinese Xi Jinping deve essere una contrapposizione al G7.
Dei molti argomenti sul tavolo la vera bomba è la sfida al dollaro, che rischia di costare cara, carissima proprio agli Stati Uniti. Per il presidente russo Vladimir Putin, che è intervenuto telematicamente a causa del controverso mandato d’arresto della Corte penale internazionale, “sta prendendo piede un processo irreversibile di de-dollarizzazione delle nostre economie, attraverso gli impegni messi in campo per creare meccanismi efficaci e di nonché di controllo monetario e finanziario. Già oggi la quota del dollaro delle transazioni nei paesi Brics sta diminuendo già l’anno scorso era solo al 28,7%”.
Putin ha anche parlato dell’accordo per l’esportazione del grano ucraino, mediato da Onu e Turchia ma da cui la Russia si è ritirata: ha osservato che “solo il 3% del grano esportato dall’Ucraina è andato a paesi bisognosi”, ed ha aggiunto che “a breve esporteremo gratuitamente tonnellate di grano a sei paesi di cui ne hanno necessità”.
Parlando poi del “neocolonialismo” occidentale, il presidente russo ha stigmatizzato le “sanzioni illegittime” dei Paesi occidentali, “che calpestano tutte le norme del commercio internazionale” e “alimentano le spinte inflazionistiche”.
Anche per il presidente brasiliano Lula è necessaria una moneta unica fra i paesi Brics e un Fmi alternativo, e nel suo intervento si è concentrato sulla cooperazione tra il sud del mondo, anche per raggiungere la sostenibilità climatica.
Il presidente cinese Xi ha affermato attraverso il suo ministro del Commercio Wang Wentao che “Alcuni paesi sono ossessionati dal mantenere la propria egemonia e hanno fatto di tutto per paralizzare i mercati emergenti e i paesi in via di sviluppo”.
Secondo i funzionari sudafricani, più di 40 paesi hanno espresso il desiderio di aderire ai BRICS, compresi circa 24 paesi già si sono mossi ufficialmente in tal senso.