Il crescente ruolo della Turchia in Somalia

di Armando Donninelli –

Oggi la presenza della Turchia è estremamente radicata in Somalia e si estende a molteplici settori della vita civile e militare di questo paese che, è opportuno ricordare, si trova in un area geopolitica di grande importanza.
A seguito della guerra civile, che ha pesantemente insanguinato la Somalia per molti anni, la Turchia decise di chiudere la sua rappresentanza diplomatica a Mogadiscio, divenuta città estremamente pericolosa, nel 1991. Bisognerà attendere il 2014 quando, a seguito di una maggiore stabilità interna della Somalia, il paese anatolico torni ad aprire in quel contesto una propria rappresentanza diplomatica.
Pur priva di una sede diplomatica in loco, Ankara approfittò di quel periodo di caos e di isolamento internazionale della Somalia al fine di porre le basi di una presenza che si sarebbe successivamente molto estesa.
Nell’agosto del 2011, l’allora primo ministro turco Recep Tayyp Erdogan, primo tra i capi di governo e di stato stranieri, realizzò una storica visita in Somalia, vale a dire in un paese dilaniato da una durissima guerra civile. Da quel momento le organizzazioni umanitarie turche misero in atto il più grande intervento di assistenza umanitaria mai portato a termine all’estero, ciò per un importo complessivo di circa 1 miliardo di dollari.
Centinaia di operatori umanitari provenienti dall’Anatolia si trasferirono nel martoriato paese africano per costruire ospedali, centri di accoglienza e per distribuire cibo, medicinali e cure mediche alla popolazione civile duramente colpita dalla guerra e da tutte le sue conseguenze.
Tale intervento umanitario ebbe sicuramente esito positivo, ma va evidenziato che non era fine a se stesso, bensì si inseriva in un progetto più a lungo termine portato avanti dalla Turchia per accrescere la sua presenza e la sua influenza in Somalia e nella regione circostante. Ciò a differenza di quanto fatto dai paesi occidentali, che si sono limitati ad inviare aiuti ma non si sono preoccupati di creare una presenza stabile in loco. Inoltre nella sua attività di radicamento Ankara non ha collegato, a differenza di quanto fatto dagli occidentali, il suo intervento umanitario alla richiesta di democrazia e rispetto dei diritti umani. Questo ha fatto guadagnare molte simpatie alla Turchia in quanto le richieste appena citate sono state spesso viste dalla classe dirigente, ma anche da ampie fasce della popolazione, come inammissibili ingerenze negli affari interni del paese e nelle proprie tradizioni culturali e religiose.
A partire dalla già citata visita di Erdogan nel 2011, il paese anatolico ha concesso numerose borse di studio a giovani somali per condurre i loro studi in scuole, Università e centri di specializzazione in Turchia. Ciò fino a giorni d’oggi, difatti attualmente dei circa 200mila studenti stranieri in Turchia, quella somala costituisce una delle nazionalità maggiormente rappresentate.

Molti medici e infermieri somali hanno condotto i loro studi proprio in Turchia, grazie alle citate borse di studio erogate da Ankara. Al loro ritorno in patria hanno, grazie alle competenze acquisite, hanno contribuito in modo decisivo a risollevare il disastroso sistema sanitario somalo.
Tali borse di studio non sono limitate solo al settore sanitario, si estendono difatti a ogni settore della conoscenza. Ciò ha certamente contribuito a creare le basi per una rinascita della pubblica amministrazione del paese. Difatti molti dei dirigenti della pubblica amministrazione somala sono proprio giovani che si sono formati nel decennio scorso in Turchia. Il caso più importante è certamente costituito dall’attuale Ministro della Giustizia somalo, Abulkadir Muhammad Nur, ma gli esempi potrebbero essere numerosi.
Questi innegabili sforzi condotti dalla Turchia in Somalia hanno fatto sì che il paese anatolico e le sue imprese private, comunque spesso collegate con il governo di Ankara, avessero un ruolo centrale nella ricostruzione della Somalia, a volte anche con delle pesanti ombre. Difatti il porto ed aeroporto di Mogadiscio, vale a dire due della maggiori fonti di reddito per l’erario somalo, furono affidati in gestione, con una trattativa privata tutt’altro che trasparente, proprio a due società turche, vale a dire l’Albayrak Group la Fvori LLC.
Il Financial Government Committee (FGC) della Somalia ha evidenziato il carattere poco vantaggioso per l’erario somalo dei grandi benefici che al contrario traggono le due società turche dalla gestione di quelle fondamentali infrastrutture. Le stesse Nazioni Unite sono intervenute nel 2016 con un Report nel quale criticano pesantemente la gestione delle due società anatoliche che, a detta delle Nazioni Unite, sarebbero coinvolte anche in casi di corruzione di funzionari governativi e di riciclaggio di denaro.
Questi sono certamente i casi più eclatanti, tuttavia ve ne sono altri che denotano il grande ruolo acquisito dalle imprese turche in Somalia, specie nel Benedir cioè la regione di Mogadiscio, in cui tali ditte sembrano godere di privilegi, assicurati dalla pubblica amministrazione, che consentono loro di dominare la realtà economica. Si tratta chiaramente di un segnale della grande influenza che la Turchia ha acquisito in questo paese che, nonostante alcuni progressi compiuti recentemente, risulta sempre caratterizzato da elevatissimi indici di corruzione e povertà.
Il segno più evidente del ruolo centrale acquisito da Ankara in Somalia è certamente costituito dalla riorganizzazione delle forze armate di tale paese. Ankara si è difatti assunta l’impegno di addestrare ed equipaggiare l’esercito nazionale somalo nella dura lotta che lo contrappone alla milizia radicale islamica di al-Shabaab.
La Turchia attualmente addestra migliaia di reclute delle forze speciali e militari nella base di Camp TURKSOM che costituisce il più grande insediamento militare turco fuori dalla madre patria ed ha iniziato ad operare a partire dal 2017. L’addestramento poi prosegue nella città turca sudoccidentale di Isparta. L’obbiettivo di tale programma è arrivare ad addestrare un terzo dei componenti complessivi dell’esercito somalo.
Va riconosciuto che l’intervento di addestramento e fornitura armi portato avanti dalla Turchia ha già prodotto effetti consistenti. Difatti recentemente l’esercito ufficiale somalo ha recuperato combattendo diversi territori precedentemente controllati da Al-Shabaab e ha suscitato l’impressione è che possa sempre più confrontarsi con successo contro tale milizia che costituisce il pericolo interno maggiore per la sicurezza del paese.
Ciò che solleva dei dubbi è il fatto che l’addestramento militare da parte dei turchi comprende anche una notevole dose di propaganda nazionalista che si richiama alla grandezza dell’impero ottomano. L’influenza che il paese anatolico esercita e probabilmente eserciterà sempre più in futuro sulle forze armate somale potrebbe essere un limite all’effettiva sovranità ed indipendenza del paese africano.
Se il crescente ruolo della Turchia in Somalia ha lasciato abbastanza indifferenti i paesi occidentali, non così è stato per le potenze della regione, vale a dire Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. In particolare quest’ultimi hanno aperto delle installazioni militari nella repubblica secessionista del Somaliland, ciò in evidente contrapposizione con Ankara. Con i sauditi sono sorti dei contrasti legati al fatto che i turchi promuovono, grazie alla loro radicata presenza nel paese, un’interpretazione del Corano meno rigida ed intransigente del wahhabismo sostenuto e propagandato da Riad.
Va poi evidenziato che la Turchia, nella sua ormai lunga attività di penetrazione in Somalia, si è spesso appoggiata al suo principale alleato nella regione, vale a dire il ricco Qatar. Proprio il Qatar, in coordinamento con i progetti turchi, ha in passato fatto delle donazioni molto consistenti alla Somalia e, in tale maniera, ha scatenato le ire dei suoi avversari, vale a dire proprio Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Tali due paesi hanno cercato, in particolare con mezzi economici, di far pressione sul governo di Mogadiscio per impedire l’azione del Qatar. Tale tentativo di esclusione non è riuscito grazie all’intervento della Turchia che ha dimostrato in tale maniera il suo ruolo preponderante in Somalia ed è anche riuscito a rafforzare la sua alleanza con il Qatar. Sono comunque emerse con chiarezza due coalizioni di paese che si disputano l’influenza sulla Somalia, ciò nell’indifferenza occidentale.
La Turchia ha un chiaro programma di espansione nella regione e la Somalia costituisce un punto di partenza, anche per la sua invidiabile posizione geografica, del resto la base militare di Camp TURKSOM costituisce un valido punto d’appoggio. A tal riguardo il caso del vicino Sudan è piuttosto rilevante, qui Ankara è riuscita a farsi concedere in affitto per un periodo di 99 anni l’isola di Suakin. Ciò nel quadro di un accordo complessivo tra i due paesi che prevede cooperazione in ambito economico ma anche militare e che si connette ed interagisce con la consistente presenza turca in Somalia
Si può senz’altro sostenere che il lavoro di acquisizione di influenza da parte della Turchia in Somalia sia stato efficiente ed abbia già raggiunto molti degli obbiettivi prefissati. Si tratta comunque di un’azione legata all’ascesa al potere in Turchia dell’AKP e del suo leader Erdogan, intenzionati entrambi a far rivivere i fasti espansionisti dell’impero ottomano. La Turchia, pur con alcune limitazioni, è comunque una democrazia, ciò significa che se in futuro le elezioni dovessero decretare l’arrivo al potere di altri partiti e leader politici, magari con altri programmi, a quel punto anche la capillare presenza ottenuta da Ankara in Somalia potrebbe attenuarsi. Potrebbe essere quello il momento per i paesi occidentali, e tra questi in primo luogo l’Italia che ha forti legami storici con la Somalia, di recuperare il terreno perduto negli ultimi anni.