Il G20 e l’ambiente: ancora belle parole?

di C. Alessandro Maceri

Si sono da poco conclusi i lavori dell’ultimo G20. Alla fine dei lavori del 2022 tante belle parole, discorsi di rito, piani per la cosiddetta transizione ecologica, il New Green Deal della Commissione europea e mille promesse fatte dai leader mondiali. Molte le aspettative. Soprattutto per ciò che riguardava temi come ambiente e sostenibilità.
Specie dopo la delusione del G20 dello scorso anno: l’ennesimo fallimento, almeno per ciò che riguarda l’ambiente, come confermerebbe l’ultimo rapporto dell’International Institute for Sustainable Development nel quale sono riportati gli aiuti – diretti e indiretti – concessi nel 2022 dai Paesi del G20 ai combustibili fossili. Secondo il rapporto dell’IISD, i Paesi del G20 avrebbero concesso circa 1.400 miliardi di dollari al settore delle fonti fossili. E questo solo nel 2022. “È essenziale che i dirigenti pongano la questione delle sovvenzioni ai combustibili fossili all’ordine del giorno”, ha dichiarato Tana Laan, ricercatrice dell’IISD in una intervista rilasciata al Guardian.
Nel 2021 i partecipanti alla Cop26 di Glasgow si erano impegnati ad eliminare progressivamente gli aiuti “inefficaci” acombustibili fossili come carbone, petrolio e gas. Una finta promessa. Del resto, già il ricorso a termini come “sovvenzioni inefficaci” avrebbe dovuto far comprendere che si giocava con le parole. La verità è che si è andati proprio nella direzione opposta. Non solo questi aiuti non sono stati ridotti, ma anzi i finanziamenti concessi dai governi delle venti economie più potenti del mondo a questo settore sono raddoppiati rispetto all’anno precedente: si è passati da 700 miliardi di dollari nel 2021 a 1400 nel 2022. Aiuti per la maggior parte destinati a sovvenzioni a carbone, petrolio e gas (circa mille miliardi di dollari). A questi si aggiungono 322 miliardi di investimenti effettuati da aziende pubbliche e 50 miliardi in prestiti concessi da istituti finanziari pubblici.
E la situazione non sembra destinata a cambiare. All’ultimo G20 tenutosi in India i leader dei Paesi presenti hanno continuato ad utilizzare belle parole come uscita dai combustibili fossili (e in particolare dal carbone”, accelerare la diffusione delle energie rinnovabili, aiutare i Paesi emergenti finanziariamente perfavorire la crescita sostenibile. Si è parlato addirittura della creazione di un mercato globale dell’idrogeno verde e a basse emissioni di CO2. Dimenticando che (possibile che non lo sappiano?) la combustione dell’idrogeno già per sé stessa non produce CO2! Combustione dell’idrogeno (chimica-online.it)
Alla fine, perfino il presidente francese Emmanuel Macron ha dovuto ammettere che le conclusioni sono state “insufficienti”. E ancora una volta si gioca con le parole. Nel documento finale si parla di “aumentare gli sforzi” per “eliminare gradualmente e razionalizzare, nel medio termine, i sussidi inefficienti ai combustibili fossili”. Ma aumentare gli sforzi non vuol dire non concedere più aiuti ai combustibili fossili. Si parla di accelerare gli sforzi “verso l’eliminazione graduale dell’energia prodotta con il carbone”. Ma da nessuna parte viene spiegato cosa si intende con “graduale”. Si è detto non di eleminare del tutto l’utilizzo del carbone ma di ridurre l’utilizzo del carbone cosiddetto “unabated”, cioè privo di tecnologie per catturare le relative emissioni di CO2. Ma anche in questo caso, senza fornire date, scadenze o obiettivi specifici per gli impegni presi. Anche la promessa di incoraggiare gli sforzi “per triplicare la capacità di energia rinnovabile a livello globale attraverso obiettivi e politiche esistenti, oltre a dimostrare un’ambizione simile rispetto ad altre tecnologie a zero e a basse emissioni, comprese le tecnologie di abbattimento e rimozione della CO2”, potrebbe essere inutile. La quantità di energia verde prodotta finora è servita a coprire parte della maggiore domanda di energia e non a sostituire l’energia prodotta dai combustibili fossili. Per ridurre la percentuale di CO2 nell’aria servirebbero ben altri interventi. Anche rimuovere la CO2 dall’atmosfera – ad esempio con impianti Direct Air Capture – avrebbe costi elevatissimi (almeno in questo momento) e un’efficacia discutibile.
Quanto alla promessa di aiutare “per facilitare l’accesso ai finanziamenti a basso costo ai Paesi in via di sviluppo, per le tecnologie energetiche pulite e sostenibili esistenti così come per quelle nuove ed emergenti” sono molti i dubbi. Negli anni scorsi, i Paesi del G20 avevano promesso di destinare 100 miliardi di dollari/anno ai Paesi poveri per favorire investimenti climatici. Ma queste promesse sono rimaste sulla carta. Ora si è giocato al rialzo: i leader del G20 hanno parlato di 4mila miliardi di dollari/anno entro il 2030 per investimenti in tecnologie pulite e di quasi 6mila miliardi di dollari per sostenere le economie emergenti. Promesse poco credibili considerando che non si è ancora finalizzato l’impegno dei Paesi ricchi.
Per ciò che riguarda il ricorso ai biocarburanti è stata lanciata la “Global Biofuel Alliance”. Nel commentare questa decisione, il Ministro italiano dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin ha dichiarato che “l’Italia aderisce con grande convinzione all’Alleanza Globale per i biocarburanti, essendone stata tra i principali Paesi promotori”. Ancora una volta tra parole e realtà c’è un abisso: secondo i dati ITC relativi al 2021, l’Italia è il primo importatore al mondo di energia elettrica. Oltre il 9% di tutta l’energia “importata” nel mondo è destinata all’Italia. Più della Germania. Quasi il doppio di quella importata da Paesi come il Regno Unito o la Spagna.
Ma del giro miliardario di energia elettrica comprata e venduta, al G20 non si è parlato. Si è preferito riempire i media e i documenti ufficiali di belle parole e di promesse al vento.
C.Alessandro Mauceri

Il rapporto finale dei leader del G20.