India. La Corte Suprema ha respinto l’appello per legalizzare i matrimoni tra persone dello stesso sesso

di Alberto Galvi

La Corte suprema indiana ha respinto la legalizzazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, colpendo così i diritti delle persone omoaffettive. Tre giudici su cinque hanno ritenuto che la questione dovrebbe essere decisa dal Parlamento, ma hanno anche approvato la proposta del governo di creare un comitato per valutare la concessione di determinati diritti e benefici alle coppie dello stesso sesso.
La sentenza della Corte suprema fa seguito ad una petizione in cui si sosteneva che il mancato riconoscimento delle unioni omoaffettive violasse i diritti costituzionali delle persone gay. Il governo indiano del primo ministro Narendra Modi, del partito Bharatiya Janata, si è opposto alla petizione, sostenendo che la questione sarebbe dovuta spettare al Parlamento.
La sentenza arriva cinque anni dopo che la massima Corte suprema ha annullato un divieto dell’era coloniale sul sesso gay. L’Asia è lenta nell’abbracciare i diritti delle persone gay per il rischio di reazioni incontrollabili a seconda delle realtà culturali. Taiwan e il Nepal sono gli unici posti nella regione che riconoscono le unioni tra persone dello stesso sesso.
Nonostante l’omosessualità in India sia stata depenalizzata dal 2018, gli attivisti affermano che le minoranze sessuali spesso subiscono discriminazioni nella vita quotidiana. Diversi attivisti per i diritti dei gay hanno promesso di continuare la loro lotta per la parità di diritti. Il giudice capo della Corte suprema Chandrachud ha affermato che lo Stato dovrebbe fornire alcune protezioni legali alle coppie dello stesso sesso, sostenendo che negare loro benefici e servizi concessi alle coppie eteroaffettive violasse i loro diritti fondamentali.