di Alberto Galvi –
L’Iran ha aperto il suo primo terminal petrolifero nel Golfo di Oman, che consentirà di evitare di utilizzare la rotta marittima dello Stretto di Hormuz al centro di tensioni regionali per decenni. Situato a sud dello stretto di Hormuz, l’impianto si trova vicino al porto di Jask, sul Golfo di Oman, e presto consentirà alle navi cisterna dirette in mare aperto di risparmiare diversi giorni di navigazione.
Attualmente il principale terminal per l’esportazione di petrolio dell’Iran si trova nel porto di Kharg, nel suo punto più stretto dello Stretto di Hormuz. L’Iran ha spesso minacciato di chiudere lo stretto se le sue esportazioni di greggio fossero state bloccate dalle sanzioni degli Usa, reimposte da Washington tre anni fa.
L’ex presidente Donald Trump si è ritirato dal JCPOA (Joint Comprehensive Plan of Action), o accordo nucleare nel 2018. Il JCPOA, mediato dall’amministrazione Obama nel 2015, ha revocato le sanzioni contro l’Iran che avevano ostacolato la sua economia e dimezzato le sue esportazioni di petrolio. L’Iran aveva accettato di fermare alcuni dei suoi programmi nucleari e di consentire le ispezioni dell’Aiea in cambio della risoluzione di sanzioni per miliardi di dollari. Trump si era tuttavia ritirato unilateralmente dall’accordo del 2015, firmato anche da Francia, Germania, Usa, Regno Unito, Russia e Cina.
Viste le pressioni statunitensi, da allora l’Iran non ha potuto esportare petrolio nei paesi occidentali per cui si è rivolto a Cina, Venezuela e Siria, ma ha dovuto denunciare in più occasioni il sequestro di petroliere. L’accordo è stato rilanciato negli scorsi mesi a Vienna, sede dell’Aiea, dall’amministrazione del presidente Usa Joe Biden, anche perché nel frattempo l’Iran aveva ripreso il programma di arricchimento dell’uranio.
Dallo stretto di Hormuz circa un quinto del petrolio mondiale passa dai produttori del Medio Oriente ai mercati di Europa, Nord America e Asia.