di Shorsh Surme –
Rischia di precipitare ulteriormente, fino a un conflitto regionale, la situazione in Medio Oriente, dopo la risposta iraniana all’attacco israeliano presso l’ambasciata in Siria all’inizio di aprile. Le potenze occidentali e non solo invitano alla moderazione, che tradotto significa evitare una reazione di Israele e degli Usa alle centinaia di droni lanciati ieri sera principalmente su obiettivi in Golan e nel Neghev.
Già prima dell’attacco la compagnia aerea tedesca Lufthansa aveva sospeso i voli da e per Teheran, mentre i Paesi Bassi avevano chiuso l’ambasciata in Iran.
La leadership iraniana, in primis l’ayatollah Alì Khamenei, aveva in più occasioni riferito di una ritorsione imminente, a seguito dell’attacco del 1 aprile che ha portato alla morte di alti ufficiali dei Pasdaran, cioè del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC), ma anche degli innumerevoli raid di questi anni contro obiettivi iraniani e alleati in Siria. A fine marzo in un attacco israeliano in Siria sono rimaste uccise 52 persone, tra cui 28 soldati dell’esercito e sette membri di Hezbollah.
Dal 7 ottobre, giorno dell’azione di Hamas contro Israele, la regione è stata più volte sull’orlo di un conflitto totale, ma l’attacco all’ambasciata e la relativa risposta hanno portato la tensione a nuovi livelli e la posta in gioco è probabilmente al suo punto più alto dall’inizio della guerra di Israele a Gaza.
L’attacco iraniano di ieri sera era stato annunciato ed ampiamente previsto, tanto che non solo l’IRGC lo aveva annunciato, bensì ne avevano parlato ampiamente media come Bloomberg e il portale di notizie statunitense Axios, il quale aveva riportato che il numero uno del Comando centrale degli Stati Uniti (CENTCOM) in Medio Oriente, generale Michael “Erik” Kurilla, avrebbe dovuto visitare Israele giovedì per discutere della minaccia di ritorsioni di Teheran con il ministro della Difesa Yoav Gallant.
Khamenei aveva promesso di punire Israele durante il suo sermone di preghiera dell’Eid, in cui aveva affermato che “Il regime malvagio ha commesso un errore e deve essere punito e sarà punito. (…) Le strutture del consolato e dell’ambasciata in qualsiasi paese esistente sono considerate territorio di quel paese. Quando attaccano il nostro consolato significa che il nostro territorio è stato attaccato”.
Il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz si era poi rivolto sia in ebraico che in farsi a X per avvertire l’Iran che avrebbe risposto a qualsiasi attacco, citando anche Khamenei nel post: “Se l’Iran attacca dal suo territorio, Israele risponderà e attaccherà in Iran”.
Successivamente il presidente degli Stati Uniti Joe Biden aveva ribadito il sostegno di Washington a Israele di fronte a un potenziale attacco da parte dell’Iran o dei suoi delegati nella regione, ed aveva dichiarato che “Come ho detto al primo ministro Netanyahu, il nostro impegno per la sicurezza di Israele contro queste minacce provenienti dall’Iran e dai suoi delegati è ferreo. Lasciatemelo dire ancora: corazzato”, “Faremo tutto il possibile per proteggere la sicurezza di Israele”.
Ora sarà da vedere il prosieguo della vicenda, dal momento che è essenziale per tutti, tranne che per Netanyahu impegnato in una lotta interna per conservare potere, stemperare la situazione. Dopotutto l’attacco iraniano, per quanto clamoroso, è stato volutamente all’acqua di rose, con il 99% dei lenti droni (4 ore per percorrere mille chilometri) intercettati e abbattuti dagli alleati fin sui cieli dell’Iraq.