ISRAELE. Attentato contro casa di palestinesi. Netanyahu, ‘colpiremo il terrorismo, da qualsiasi parte arrivi’

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netanyahu2-150x100Si alza la tensione in Israele: il quadro vede da un lato le violenze esercitate dai coloni israeliani nei confronti dei palestinesi, dall’altro le minacce del leader sciita libanese Seyed Hassan Nasrallah.
Nel primo caso coloni israeliani hanno gettato candelotti lacrimogeni nell’abitazione di una famiglia di palestinesi a Beitilu, vicino a Ramallah, in Cisgiordania. Il fatto è avvenuto alle 3 di mattina, e fortunatamente la coppia di genitori e il neonato che la occupavano sono rimasti illesi. Gli attentatori hanno scritto sul muro della casa in ebraico ”Vendetta. Saluti dai Prigionieri di Sion”.
Da giorni vi sono poi episodi di aggressione nei confronti dei palestinesi, mentre sono sotto torchio alcuni militanti dell’estrema destra in quanto accusati dell’incendio di una casa a Duma, sempre in Cisgiordania, avvenuto il 31 luglio e costato la vita al piccolo Ali Saad Dawabsheh, un bambino palestinese di 18 mesi.
Il premier Benjamin Netanyahu ha dichiarato che “non possiamo accettare il terrorismo, da qualsiasi parte arrivi”. “C’è un terrorismo arabo che combattiamo – ha sottolineato il primo ministro – ma con mio sconforto a volte ci sono attacchi terroristici di ebrei, e i nostri servizi operano anche contro di loro”.
Dal versante libanese sono invece giunte le minacce del leader delle milizie sciite libanesi, Seyed Hassan Nasrallah, il quale ha annunciato che Hezbollah eserciterà “il diritto di compiere una rappresaglia” contro Israele per l’uccisione, avvenuta ieri con un raid aereo, dell’esponente Samir Qantar. “Samir è uno di noi – ha continuato – e un comandante della nostra resistenza, è nostro diritto vendicare il suo assassinio nel luogo, tempo e modo che riteniamo appropriato. Eserciteremo questo diritto, Dio volendo”.
Qantar era stato condannato a 30 anni di reclusione quando aveva 16 anni in quanto aveva ucciso 4 cittadini israeliani, ma nel 2008 era stato rilasciato in uno scambio di prigionieri.