Israele. La polizia torna a chiedere l’incriminazione di Netanyahu per corruzione

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Ancora grane per il premier israeliano Benjamin Netanyahu, dopo che la polizia è tornata a chiederne l’incriminazione per fatti di corruzione e di abuso d’ufficio.
Alla base della nuova richiesta formulata alla magistratura vi è il caso “4000”, noto come “caso Bezeq”: stando agli inquirenti Netanyahu, quando era ministro delle Telecomunicazioni aveva favorito il patron dei media Shaul Elovitch in cambio di un appoggio alla sua immagine da parte del newspaper on line Walla, seguitissimo nel paese mediorientale.
Non si tratta della prima indagine in cui incappa il premier: in febbraio un’inchiesta delle Unità Antifrode della polizia aveva appurato altri casi di possibile corruzione, tra cui favori concessi in cambio di costosi regali, compresi sigari e Champagne, che interessavano i rapporti con l’imprenditore cinematografico Arnon Milchan, il quale lavorava a Hollywood ma necessitava del continuo rinnovamento del permesso di soggiorno, cosa di cui si sarebbe sobbarcato Netanyahu che ne avrebbe parlato in almeno tre occasioni con l’ex segretario di Stato Usa John Kerry; la garanzia di servizi positivi da parte del secondo giornale più grande del Paese, lo Yedioth Ahronoth, in cambio di un’azione volta a danneggiare il giornale rivale, il free press Israel Hayom, del milionario Sheldon Adelson; i sottomarini acquistati dalla Germania, per cui sarebbero state intascate tangenti da uno stretto collaboratore del premier: già nel 2017 un’inchiesta aveva portato agli arresti dell’ex capo dello staff del premier, David Sharan, e di alcuni militari della marina, ma il giro di denaro è stato costruito in modo da rendere difficoltoso comprovare la diretta partecipazione di Netanyahu.
Oggi Netanyahu è tornato a ricordare che “Le raccomandazioni della polizia non hanno valore legale e non devono sorprendere nessuno”, ed ha affermato che “Sono sicuro che anche in questo caso le autorità competenti, dopo aver esaminato il materiale, arriveranno alla stessa conclusione che non c’era nulla perché in effetti non c’è nulla”