Kashmir: dopo gli scontri l’India minaccia le forniture idriche del Pakistan

di Enrico Oliari

Kashmir soldati grandeRegge a stento il cessate-il-fuoco in Kashmir, da sempre teatro di scaramucce fra il Pakistan e l’India: entrambi i paesi si sono accusati a vicenda di aver violato la tregua sparando lungo la Linea di controllo che funge da confine ufficioso, nel Kashmir.
La ripresa degli scontri è avvenuta lo scorso 18 settembre, quando 18 militari indiani sono stati uccisi in un attacco condotto da quattro jihadisti contro la base militare di Uri, nel Kashmir, la regione himalayana contesa tra i due paesi.
Il gruppo terroristico autore dell’azione è stato Jaish-e-Mohammed, nato nel 2000 e bandito dal Pakistan nel 2002, finalizzato all’insurrezione islamica nel Kashmir.
Nei giorni scorsi sono stati i militari indiani a compiere una rappresaglia in territorio pachistano contro le basi dei jihadisti, azione in cui sono rimasti uccisi numerosi militanti e due soldati pachistani.
Da allora i piccoli scontri sono stati quasi quotidiani, con i militanti del Bharatiya janata party (Bjp, partito nazionalista al potere in India) che chiedono un intervento più drastico, cosa che potrebbe avviare una pericolosa escalation in una realtà che vede entrambi i paesi detentori di armi atomiche.
Il ministro dell’Interno indiano Rajnath Singh ha accusato il Pakistan di alimentare il terrorismo fino a definire il paese confinante uno “stato terrorista”, mentre il consigliere del premier pachistano facente funzioni di ministro degli Esteri Sartaj Aziz ha ribattuto denunciando “l’evidente tentativo” di Nuova Delhi di sviare l’attenzione dalle violazioni dei diritti umani nel Kashmir amministrato dall’India.
Il capo di stato maggiore dell’esercito pachistano Raheel Sharif è intervenuto per assicurare che i suoi uomini sono “perfettamente preparati a rispondere a ogni tipo di minaccia, diretta e indiretta”.
Kashmir mappa acqua grandeAd accrescere ulteriormente la tensione è la minaccia neanche tanto velata del premier indiano Narendra Modi di tagliare l’acqua al Pakistan: nell’area scorrono sei fiumi, l’Indo, il Chenab, il Jhelum, il Beas, il Ravi, e il Sutley. Il trattato del 1960, mediato dalla Banca Mondiale, ha affidato i primi tre al Pakistan, mentre gli altri all’India, ma quelli che entrano nel territorio pachistano passano prima per quello indiano, per cui Nuova Delhi non può costruire dighe o fare deviazioni dei corsi. Il 26 novembre il premier indiano Narendra Modi ha affermato che “Sangue e acqua non possono scorrere insieme”, per cui ha annunciato che l’India sfrutterà al massimo i fiumi che arrivano in Pakistan, come pure il proposito di sospendere gli incontri del Comitato sovranazionale che supervisiona l’impiego delle risorse idriche.
Gli ha risposto Aziz facendo sapere l’intenzione di appellarsi all’Onu e alla Corte internazionale di giustizia nel momento in cui il trattato venisse sospeso in modo unilaterale dall’India, aggiungendo che “il Pakistan non accetterà l’aggressione indiana in alcuna forma, e ogni passo che l’India farà per fermare il flusso delle acque verrà collegato ad un considerevole rischio di guerra e ostilità”.